Uno Stato palestinese: ma quale? Le colonie aumentano, l'Anp debole, Striscia in macerie. Storia di un paese che non c'è

dall'inviato Andrea Nicastro - Corriere della Sera

 

GERUSALEMME - Dov’è lo Stato palestinese che il presidente francese Macron vorrebbe riconoscere? La risposta brutale è: non esiste.

Quando nei cortei pro-pal qualcuno urla «from the river to the sea», cioè dal «fiume Giordano al mare», auspicando la cacciata degli israeliani, non sa di che cosa parla. Dal Giordano al mare esiste già uno Stato, uno solo ed è quello israeliano. I palestinesi vivono in enclavi che non hanno alcuna somiglianza con una realtà statuale. Non hanno sistema fiscale o libertà di movimento. Non possono importare o esportare senza consenso israeliano. La loro polizia vale le nostre guardie giurate, davanti ai soldati israeliani si scansa. Non controllano la loro acqua, l’elettricità, internet. Non votano da 19 anni. L’intera loro vita dipende dalla benevolenza dello Stato israeliano. O dalla sua contrarietà.

 

Gaza, sbocco al mare?

La Striscia di Gaza potrebbe essere lo sbocco al mare di un eventuale Stato palestinese. Ci sono pochi chilometri di deserto che la separano dalla Cisgiordania, l’altra «regione» della futuribile Palestina. Collegarle con un’autostrada ingabbiata o interrata non è difficile. E anche costruire un porto è possibile. Ma cos’è oggi Gaza? La città e la sua costa sono sempre state ricche da molto prima di Cristo. È qui che i filistei (Palestina o Falestina significa «terra dei filistei») catturarono l’ebreo Sansone e, anche allora, andò malissimo per entrambi. Oggi i 300mila abitanti del 1949 sono diventati 2,1 milioni. Dal 2005 sono stretti nella «più grande prigione a cielo aperto del mondo».

 

 

La Riviera

C’erano università, ospedali, fabbriche, ma sviluppo e libertà erano utopia anche prima del 7 ottobre. Non a caso è nato qui il terrorismo di Hamas e gli attentatori suicidi. Ora, dopo questi due anni di bombardamenti, Gaza è fatta di macerie, materiali e umane. Ci vorrebbero miliardi per ricostruirla e decenni per sanare le ferite di chi sopravvivrà. Il presidente americano Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ne vogliono fare una Riviera di lusso dove gli attuali abitanti non sono previsti. Ma se non ci riuscissero? Gaza oggi è una zavorra umana, economica e politica per qualunque Stato.

 

Il potenziale

La Cisgiordania dovrebbe essere il pezzo forte della Palestina prossima ventura. Ha 4 milioni di abitanti, un export limitato a olio d’oliva, pietra da costruzione e datteri, ma un notevole potenziale turistico con Betlemme e, se ne controllasse almeno un pezzo, Gerusalemme. Di fatto, però, è un groviera amministrativo dove Israele decide e i palestinesi si adeguano in spazi sempre più ristretti.

 

Le colonie

Sin dal primo governo Netanyahu, nel 1996, gli insediamenti ebraici in Cisgiordania sono aumentati a dismisura. Il sistema è semplice, chi ha visto il film premio Oscar No Other Land l’ha capito. Un israeliano compra un pezzo di terra, ci parcheggia un caravan e chiede protezione. Israele espropria campi e case palestinesi per costruirgli una strada sicura contro eventuali attentati terroristici. Nel frattempo, il camper è diventato casa e promosso al rango di «colonia». Per legge Israele sovvenziona i coloni (ebrei), li esenta dalle tasse, offre lavoro, concede il porto d’armi (200mila, un esercito parallelo) e, sempre per «sicurezza», allontana i palestinesi. Non importa che quella sia Cisgiordania e non Israele, secondo gli Accordi di Oslo. Comanda l’esercito israeliano.

 

L'eredità del 7 ottobre

Dal 7 ottobre è peggiorato tutto. Per «sicurezza» Israele ha costruito cancelli attorno a tutti i centri della Cisgiordania. Tutti. Una sbarra gialla che viene aperta o chiusa senza preavviso. Per andare da un paese all’altro bisogna indovinare quale sarà aperto. Ovviamente potrebbero anche essere chiusi tutti. Senza spiegazione, senza appello. Quando succede, perché succede, i palestinesi di Cisgiordania non possono neanche tornare a casa loro. Fino a quando? Chissà. Chi dà gli ordini non parla arabo e non si sforza di comunicare. Non ne ha bisogno. Comanda e basta.

 

Il fantasma dell'Anp

La «Francia libera» del generale De Gaulle non aveva territorio o esercito, ma aveva alleati e prestigio. L’amministrazione palestinese del presidente Abu Mazen è il contrario. Ha un simulacro di forza che usa soprattutto per controllare gli stessi palestinesi, un territorio che perde pezzi, niente alleati. Non può dirsi democratica. Sconfitto alle elezioni del 2006 contro Hamas, non riconobbe il risultato e un anno dopo scoppiò la guerra civile. Quale Palestina si può riconoscere? L’unica che esiste: forte, colorata, vivace la Palestina nei pensieri dei palestinesi. Lì c’è, eccome. Ma ci vorranno generazioni e una volontà internazionale che non è alle viste per ridare un poco di consistenza al sogno.

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(Serizio di Andrea Nicastro - Corriere della Sera)