LA
CAPITALE E I GRANDI MAESTRI
Riapre il
Museo della Scuola Romana. Da Mafai e Raphaël a Donghi, De Chirico, Afro,
Vespignani
di
Samantha De Martin - Arte.it
ROMA -
L’interno di un tram, tratteggiato con tocco veloce in un acquerello di Alberto
Ziveri, irrompe assieme all’atmosfera buia e popolare dei postriboli. Il
gazometro di via Ostiense, immortalato da Renzo Vespignani, con il suo moderno
stile materico cede al passaggio dei treni nella zona periferica di
Portonaccio, mentre i disastri provocati dalla guerra, con le macerie e le
vittime dei bombardamenti, irrompono tra le vedute di una città in
trasformazione.
Questo focus
speciale su Roma, pensato per offrire un diverso sguardo sulla città,
raccontandone il paesaggio e i grandi cambiamenti urbanistici e sociali
avvenuti tra le due guerre mondiali, è solo una porzione del Museo della Scuola
Romana, che riapre al pubblico, nel Casino Nobile dei Musei di Villa Torlonia,
a conclusione del progetto di riallestimento promosso e curato dalla
Sovrintendenza Capitolina e realizzato in collaborazione con Zètema Progetto
Cultura.
All’iniziativa
ha contribuito BNL BNP Paribas che ha messo a disposizione 60 opere del proprio
patrimonio artistico, tra le quali appunto l’esclusiva serie di vedute della
Capitale, meglio conosciuta come “Collezione Roma”.
Queste 54
opere di identico formato (cm 20x26) sono state realizzate tra il 1946 e il
1948, da artisti quali Mario Mafai, Filippo de Pisis, Renato Guttuso, Giorgio
de Chirico, Alberto Savinio, giovani talenti come Afro, Fausto Pirandello,
Renzo Vespignani e altri, chiamati a confrontarsi sul tema “Aspetti della città
di Roma”. A permetterle di arrivare fino a noi è stata una felice intuizione
del celebre scrittore, sceneggiatore e giornalista Cesare Zavattini che la ideò
e commissionò per il produttore cinematografico Ferruccio Caramelli. La
collezione, dal 1983, è entrata a far parte della raccolta d’arte di BNL BNP
Paribas che conta ad oggi oltre 6 mila opere.
A quasi vent’anni dalla prima inaugurazione, ripensato adesso secondo più
moderni criteri museografici, didattici e d’inclusività, il Museo della Scuola
Romana accoglie il pubblico con un racconto costruito per sezioni tematiche che
individuano contesti, movimenti ed espressioni artistiche di quegli anni.
Il Museo era
stato istituito nel 2006 grazie alla collaborazione tra Roma Capitale e un
gruppo di studiosi, collezionisti ed eredi di artisti già attivi
nell’Associazione Archivio della Scuola Romana fondata nel 1983 dalla
gallerista Netta Vespignani al fine di valorizzare il patrimonio figurativo
prodotto a Roma nel periodo compreso tra le due guerre nell’ambito del
variegato ambiente artistico denominato “Scuola Romana”, uno dei momenti più
vitali dell’arte italiana del Novecento.
L’intesa virtuosa tra pubblico e privato, con l’acquisizione di opere in
donazione e in comodato, ha permesso di dare origine ad uno spazio museale
pubblico dedicato a un importante momento della storia dell’arte della città di
Roma, rendendo fruibili capolavori che altrimenti sarebbero rimasti custoditi
nelle collezioni private.
Il progetto
scientifico, curato da Federica Pirani, Claudio Crescentini, Antonia Rita
Arconti, Annapaola Agati ed Elena Scarfò, guarda a un allestimento, opera di
Stefano Busoni e Andrea Pesce Delfino, che abbraccia oltre 150 opere tra
dipinti, sculture, disegni e incisioni del Novecento appartenenti alla
collezione permanente o acquisite in comodato d’uso (da privati o da altre
istituzioni). Non mancano capolavori solitamente non visibili al pubblico e
poco noti, per lo più conservati presso i depositi della Sovrintendenza o in
collezioni private. Si passa attraverso il “Ritorno all’ordine” e la rilettura
della tradizione italiana di artisti come Carlo Socrate e Quirino Ruggeri, ci
si incanta al cospetto del “Realismo magico” di Antonio Donghi, Francesco Alessandro
Di Cocco, Francesco Trombadori, Riccardo Francalancia, e dell’espressionismo
visionario di Ferruccio Ferrazzi, mentre non manca l'arte anti-accademica
di Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Scipione, maestri della Scuola di Via
Cavour.
Il realismo documentario di Eva Quajotto, Antonio
Barrera, Domenico Quattrociocchi e Odoardo Ferretti, cede al nuovo linguaggio
realista maturato, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, da parte di autori
come Alberto Ziveri, Fausto Pirandello, Renato Guttuso e il giovane Renzo
Vespignani. La scultura si racconta invece attraverso le voci di Pericle
Fazzini, Mirko Basaldella, Leoncillo Leonardi, e un maestro dell’incisione come
Luigi Bartolini. Il dialogo è reso ancora più interessante dalle voci femminili
di Edita Broglio, Leonetta Cecchi Pieraccini, Adriana Pincherle, Katy
Castellucci, Pasquarosa, Maria Immacolata Zaffuto e Maria Letizia Giuliani
Melis.
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(Samantha De
Martin - www.arte.it)