UN
TALENTO NATURALE
"Laceno
d'Oro" un Festival lungimirante. Ecco la sua cinquantesima edizione
di Paolo
Speranza
Franco Nero
e Vanessa Redgrave
insieme sul palco, Stefania Sandrelli che ricorda C’eravamo tanto amati, il
capolavoro di Ettore Scola, che ad Avellino, nel 1969, ottenne il suo primo
premio per la regia...
Un remake del
“Laceno d’Oro”? No, è Il “Torino Film Festival”, in corso nel capoluogo
piemontese, che nella 42° edizione offre un programma particolarmente ricco di
proiezioni e ospiti importanti.
Nel frattempo,
importanti festival e associazioni – nell’80° anniversario della Liberazione -
ripropongono alcuni film fondamentali sulla Resistenza (come La ragazza di Bube, di Luigi Comencini dal romanzo di Carlo Cassola,
presentato in versione restaurata da Cristina Comencini lo scorso giugno a
Bologna, al Cinema Ritrovato, o La lunga notte del ‘43 di Florestano
Vancini, che del “Laceno d’Oro” fu più volte ospite e convinto estimatore) e
presto seguiranno – anche con la partecipazione della rivista “CinemaSud” - nuove iniziative per ricordare Le Quattro
Giornate di Napoli e, nel centenario della nascita, il suo regista Nanni
Loy, che del Festival diretto da Camillo Marino e Giacomo d’Onofrio fu
indimenticato ospite e premiato illustre in una delle edizioni più partecipate,
nel 1963, quando a Bagnoli Irpino presentò il suo film, in compagnia di alcuni
attori tra i quali il piccolo Armando Formato, brillante interprete del ruolo
di Gennarino Capuozzo, il coraggioso scugnizzo barbaramente freddato dagli
occupanti tedeschi.
Dallo scorso
anno, per il centenario della nascita di Franco Basaglia, proseguono anche
visioni e retrospettive di film che negli anni Settanta, con coraggio diremmo
pionieristico, riuscirono a portare al grande pubblico un tema delicato, e fino
ad allora rimosso, come quello delle condizioni e dei diritti delle persone
recluse (è il verbo più adatto) nei manicomi, aboliti nel 1978 anche per
effetto della mobilitazione di tanti intellettuali e cineasti. Il titolo più
emblematico è Matti da slegare: un film collettivo diretto da Marco
Bellocchio, Stefano Rulli, Sandro Petraglia e Silvano Agosti, che a nome dei
colleghi ritirò ad Avellino, nel 1977 (un anno prima dell’approvazione della
riforma Basaglia), il Premio “Laceno d’Oro”, l’unico attribuito a questo film
in Italia.
La
lungimiranza del Festival Internazionale del Neorealismo, unita alla fama di
premio “portafortuna”, è del resto largamente acquisita. È sufficiente
sfogliare Con Pasolini cominciammo, volume di storia e antologia del
“Laceno d’Oro” edito da Mephite, per ricostruire la
quantità e il valore delle “scoperte” compiute dal festival irpino (film,
attori, registi) nel cinema internazionale, grazie anche a collaboratori del
prestigio di Pier Paolo Pasolini, Cesare Zavattini, Carlo Lizzani, Marcello
Gatti, Giuseppe Ferrara, dell’avvocato Vincenzo Maria Siniscalchi, dello stesso
Tinto Brass e della giornalista cinematografica Floriana Maudente.
In questo
catalogo di (gradite) sorprese una delle pagine più significative, per tornare
all’attualità, è proprio un film del Tinto Brass “prima maniera” (più anarchico
che “erotico”), che nel 1970 venne presentato, e premiato, al “Laceno d’Oro” in
anteprima mondiale (con successiva recensione di Alberto Moravia, su
“L’Espresso” del 4 aprile ‘71) e anch’esso collegato al tema “scomodo” dei
marginali e dei “reietti” dalla società perbenista: Drop out, con un
cast stellare composto da Vanessa Redgrave e Franco Nero (già allora una delle
coppie più note del cinema mondiale, oggi di nuovo insieme a Torino) e da Gigi
Proietti, che forse soltanto sotto la guida di Brass ha ottenuto quel rilievo
che avrebbe meritato nella cinematografia italiana.
Le intuizioni
brillanti e coraggiose del primo “Laceno d’Oro” non vanno tuttavia confinate
nella sezione “amarcord”, dal momento che anche la nuova stagione del Festival
curata dal circolo ImmaginAzione (presidente Antonio
Spagnuolo, direttrice artistica Mariavittoria
Pellecchia, responsabile della programmazione Aldo Spiniello) è molto
concentrata su proposte di qualità e autori emergenti, senza dimenticare la
tradizione: l’idea di puntare sul pubblico delle scuole, ad esempio, riprende
la scommessa del Minifestival per ragazzi, fortemente voluta da Camillo Marino
con la fattiva collaborazione dei docenti Vittorio Fiorentino e Nicola Vietri,
che anticipò l’esperienza del Giffoni Film Festival e sarebbe diventata
un’eccellenza di carattere nazionale se la classe dirigente irpina (ieri come
oggi) non si fosse rivelata insensibile e incolta rispetto alle potenzialità
culturali del territorio.
Tornando
all’oggi, basta connettersi al sito web del “Laceno d’Oro” (uno dei più
apprezzati nel panorama festivaliero italiano) per scoprire le interessanti
iniziative realizzate nell’ultimo decennio.
Meno
reclamizzate, ma non meno significative e sempre più evidenti per valore
storico e documentale, sono le numerose iniziative “collaterali” che hanno
riscosso un importante consenso di pubblico e critica e concorrono a far
conoscere il “Laceno d’Oro” e l’Irpinia anche oltre i confini regionali e
nazionali.
L’esempio più
eclatante riguarda la riscoperta di Elvira Coda Notari, prima regista e
produttrice del cinema italiano, che ad Avellino è stata anticipata fin dal
2014 con il progetto “La film di Elvira”, in sinergia tra la Cactusfilm di Licio Esposito, il “Laceno d’Oro” e “CinemaSud”, approdando successivamente a Francoforte e nei
luoghi della Notari (Salerno, Napoli, Cava dei Tirreni), che quest’anno è stata
una “star” nei festival di Eindhoven, L’Aja, Bruxelles e alla stessa Mostra di
Venezia, che il 31 agosto ha ospitato la prima mondiale del film di Valerio
Ciriaci Elvira Notari. Oltre il silenzio.
Dal cinema
muto a Totò, a cui è dedicata in questi giorni una grande Mostra a Napoli, al
Palazzo Reale. All’indimenticabile “principe della risata” il Festival irpino
dedicò una Mostra, meno glamorous e costosa ma
di indubbio valore scientifico (a cura di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler), nel 2017, nel 50° anniversario della
scomparsa.
L’elenco delle
Mostre documentarie, realizzate in prevalenza con la curatela scientifica del
compianto Caldiron (uno dei maggiori storuici del
cinema in Europa e a lungo docente all’Università “La Sapienza”) e con il
progetto grafico di Rosy Ampollino, sarebbe lungo da ripercorrere. Meritano di
essere ricordate, tuttavia, almeno quelle sulla rivista “Hollywood”, ospitata
nel 2018 anche al PAN di Napoli; Leone Factory,
a cura di “CinemaSud”, su Sergio e Vincenzo Leone, in
arte Roberto Roberti, illustre regista del muto a cui è stato dedicato
quest’anno un volume di autori vari (La cavalcata dei sogni, a cura di
Silvio Alovisio e Caterina Taricano)
dal Museo Nazionale del Cinema e dall’Università di Torino; le prime
esposizioni sui film tratti o sceneggiati da due grandi scrittori di origini
irpine, Giuseppe Marotta e Dante Troisi. E nei giorni dell’uscita in sala di Un
semplice incidente, il nuovo film di Jafar Panahi, fa onore all’Irpinia
ricordare che al regista iraniano perseguitato dal regime fu dedicata, il 5
maggio 2011 al Cinema Partenio di Avellino, una duplice iniziativa di
solidarietà: la proiezione di una sua intervista rilasciata al regista italiano
Carlo Damasco (con una folta risposta di pubblico all’appello lanciato da “CinemaSud”, Centrodonna Avellino,
ImmaginAzione, Zia Lidia Social Club, Centro Studi
Cinematografici) seguita dal film Offside, vietato in Iran, come evento
speciale del cineforum Visioni. (I recenti dossier di “CinemaSud”
sulle registe palestinesi ed afghane, e prossimamente dell’Iran, non nascono
per caso).
Last but not least, nell’anno che segna,
contemporaneamente, importanti anniver
sari per il Festival (50° edizione), per Camillo Marino (centenario della
nascita
e per Pasolini (50 anni dalla morte), la storia e i valori del “Laceno d’Oro”
hanno
occupato uno spazio nella recente mostra documentaria - ampliamento di quella
allestita per il “Laceno d’Oro” 2021 al Circolo della Stampa di Avellino -
dedicata
a Pasolini all’Università di Salerno dalla Biblioteca UNISA e da “CinemaSud”:
la sala gremita di studenti alla presentazione di Geografie pasoliniane
(La Valle
del Tempo editore) e le centinaia di visitatori alla Mostra, in prevalenza
giovani,
ha rappresentato un importante momento di congiunzione ideale, e visiva, tra la
storia, il presente e un futuro possibile. La sfida continua, a partire
(ancora) dal
Cinema Eliseo.
***
(Paolo
Speranza storico, saggista e docente)