L’urlo di Moro, i “messaggi criptati” nelle lettere dal sequestro. In un libro lo studio sul lessico delle sue 86 missive 

di Silvia Mari - Agenzia "Dire"

 

ROMA – Le lettere del sequestro, quelle scritte nel buio della prigionia che per molto tempo sono state “negate, perché si diceva che Aldo Moro fosse drogato, colpito dalla sindrome di Stoccolma”. E invece no quelle missive erano criptate e piene di messaggi: Moro chiedeva di essere salvato. Lo aveva già detto profetico Leonardo Sciascia nel settembre del 1978 e oggi questo studio lessicale approfondito è un libro: ‘L’urlo di Moro’ (Rubbettino editore) del professore primario di Cardiologia della Sapienza di Roma e studioso Carlo Gaudio che parte appunto dalle intuizioni di Leonardo Sciascia e dall’opera filologico-storiografica di Miguel Gotor sull’epistolario.

 

“Ho fatto uno studio sul lessico delle sue 86 lettere– ha spiegato il professore alla Dire in occasione dell’anniversario del sequestro Moro, avvenuto il 16 marzo del 1978- e l’intento era quello di ridare a Moro pienamente la sua intelligenza politica, la sapienza giuridica, quel suo uso sottile e preciso delle parole”.

 

NELLE LETTERE ANCHE IL LUOGO DELLA PRIGIONIA

Così nelle more di questa analisi, tra lessico ed ermeneutica, Gaudio mette a fuoco che “quella frase cifrata inviata nella lettera a Cossiga indica precisamente il luogo della prigione: ‘io mi trovo sotto dominio pieno e incontrollato’ che è l’ anagramma della frase ‘e io so che mi trovo dentro il p° 1 di Montalcini n° 8’. L’urlo che “Cossiga rivelerà solo 15 anni dopo alla Commissione Stragi che aveva fatto analizzate il messaggio dal SIOS della Marina militare, sorvolando però sull’esito. Se ci sono arrivato io penso ci fossero arrivati anche i Servizi”. E ancora quando Moro scriveva “sono qui”, mentre lo cercavano a Gradoli o al lago della Duchessa, e mandava continui “messaggi correttivi”. “Era lucidissimo e comprendeva tutto- sottolinea l’autore- e capiva tutto dai 4 mq dove era prigioniero”.

 

Ma questo ‘giallo’ che passa per la scrittura non si ferma: “Con il libro smentisco anche due altre false narrazioni- puntualizza Gaudio- Ovvero che Moro non si fosse interessato alla sorte degli uomini della sua scorta – pianse ore e scrisse 5 lettere ai familiari delle vittime – e la comprensione nelle ultime lettere che non c’era più trattativa. Quella che aveva svolto proprio lui”. Così sul finire dell’epistolario compare la trascendenza e la fede: “Si rivolge a Dio e alla famiglia e nell’ultima lettera alla moglie Noretta scrive ‘se ci fosse luce sarebbe bellissimo’”.

 

“Ineguagliabile la statura politica e la grande sapienza democratica e giuridica di Moro”: questo il sigillo che Carlo Gaudio dà al ricordo dell’uomo e del politico a 46 anni dal sequestro. “A 30 anni era tra i costituenti più attivi e con le sue argomentazioni riuscì a farsi votare da Togliatti, da Iotti, da Basso, da un’opposizione molto dura”. Moro urlava nelle lettere perché “come dirà Carlo Bo nel primo anniversario ‘si era trattato di un delitto d’abbandono, Moro serviva più da morto che da vivo'”.

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(Silvia Mari  www.dire.it)