CON
GERARD BLAIN
"Lo
sgarro" di Silvio Siano. Un film anticamorra rivive al Cinema Ritrovato di
Bologna
di Paolo
Speranza
NAPOLI - Alla
sua uscita, quattro anni dopo La sfida, fu
naturale associare Lo sgarro, diretto dallo stabiese Silvio Siano, al
vibrante esordio di Francesco Rosi nel ’58 a Venezia: analogo il tema (la
prepotenza sociale della camorra), identico il contesto (l’hinterland rurale di
Napoli, dove il mare è lontano e la modernità tardava ad arrivare), uguali
persino i ruoli di alcuni attori importanti: da Saro Urzì a Nino Vingelli a Ubaldo Granata, “cattivi” per eccellenza.
Ad accomunare
i due registi napoletani era la tensione realistica in nome di una militanza
civile progressista, votata a una narrazione senza compiacimenti di Napoli e
del Sud che il cinema di allora, nel clima oscurantista e retrivo del laurismo,
presentava al mondo all’insegna della triade mare-sole-canzoni.
Il milieu
criminale di Lo sgarro, girato tra Palma Campania, Nola e Gragnano con
la brillante direzione della fotografia di Toni Secchi (con la preziosa
collaborazione di Domenico Paolercio, artista della
luce e fotografo di fiducia di Siano), era persino più violento e oppressivo
rispetto al film di Rosi, che si ispirava alla celebre vicenda di Pascalone ‘e Nola e Pupetta Maresca:
“Il mondo
della camorra descritto da La sfida è molto meno violento, molto meno
prepotente. Al mercato bovino di Nola ogni giorno si contrattano affari per un
miliardo e mezzo, ed i camorristi controllano ogni vendita di bestiame. Sono
loro a fare i prezzi. Ed i contadini subiscono e prendono botte”, dichiarò a
“La Fiera del Cinema” l’attore protagonista, il francese Gerard Blain, che
aveva già al suo attivo film con Truffaut, Chabrol, Godard e in Italia il ruolo
principale in Il gobbo (1960) di Carlo Lizzani: in Lo sgarro è il
giovane contadino Paolo, che dopo aver ceduto alle lusinghe affaristiche della
camorra si ribella al crudele boss don Michele (“lo sgarro” che dà il titolo al
film) e guida la rivolta popolare contro la camorra, ritrovando lo spirito di
classe, la stima del vecchio e onesto genitore (un maestoso Charles Vanel, che più avanti reciterà per Rosi in Cadaveri
eccellenti e Tre fratelli) e l’amore di Rosaria, interpretata da Gordana Miletic, giovanissima
attrice di Belgrado e moglie del regista Giuseppe De Santis, che la critica
definì “una presenza luminosa” e associò negli elogi all’altra attrice in un
ruolo di rilievo, Luisa Conte, qui in una rara e preziosa parentesi
cinematografica nella sua straordinaria carriera teatrale.
Proprio del
cinema di De Santis, oltre che di La sfida, il film di Siano rivela echi
e suggestioni, tanto che il regista di Riso amaro sposò il progetto del
produttore Giovanni Addessi come supervisore. Dai
film di De Santis Lo sgarro mutua, con rara padronanza tecnica, le
atmosfere da western rurale, il ritmo incalzante, i dialoghi essenziali e la
figura del “giustiziere democratico”, affidato a un convincente Gerard Blain.
Finalmente
restaurato, anche grazie all’impegno del ricercatore stabiese Luciano Cuomo di
“Quaderni di Cinemasud” e degli storici di Palma
Campania Pasquale Gerardo Santella e Savino Carrella, autori della monografia
sul film pubblicata tre anni fa da Michelangelo 1915 Editore, nonché degli
studiosi di Gragnano Giuseppe Di Massa e Pasquale Donnarumma, autori di un
volume fotografico sul film di Siano, oggi Lo sgarro rivive al Cinema
Ritrovato di Bologna, dove sarà proiettato domenica 22 giugno alle 20.00 al
Cinema Europa.
Una
prestigiosa vetrina internazionale per il capolavoro di un regista da
riscoprire. Che sabato 21 avrà un prologo su Retequattro, alle 16.55, con uno
dei film principali di Siano, Saranno uomini (1956), con Massimo Girotti
e Silvana Pampanini, nel centenario di una delle attrici italiane più popolari
nel mondo, che nei film girati a Napoli con Zampa (Processo alla città)
e De Santis (Un marito per Anna Zaccheo) diede le sue prove migliori.
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(Paolo
Speranza storico, saggista e docente)