CONVEGNO
INTERNAZIONALE
A Oxford la
storia dell’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti
di Paolo
Speranza
NAPOLI - Nella
storia dell’emigrazione italiana verso il Nordamerica ci sono almeno tre
aspetti fino ad oggi sottovalutati: l’emigrazione di ritorno, che toccò
percentuali consistenti; il vibrante dibattito tra fautori e detrattori
dell’emigrazione; il ruolo determinante dei migranti del Sud nell’industria
dello spettacolo.
L’impulso a
rileggere questa vicenda epocale è partito in anni recenti dagli accademici
italoamericani - con il prezioso contributo degli studiosi italiani Francesco
Durante, Sebastiano Martelli, Giuliana Muscio - e ha segnato una svolta nel
convegno internazionale di studi svoltosi il 24 e 25 settembre all’Università
di Oxford, nella Taylor Institution Library, organizzato da Fanny Clemente e
Alice Gussoni, sul tema “Torna a Surriento: Return Migration to Southern
Italy from 1876 to Today”, dove i 25 relatori hanno esaminato il tema nelle sue
varie declinazioni. A quella cinematografica è dedicata la relazione:
“Dall’East Coast a Napoli: Santa Lucia luntana, un film-manifesto sull’emigrazione italiana di
ritorno”.
L’emigrazione
dal Mezzogiorno al Nuovo Mondo, segnatamente verso gli Stati Uniti, ha
alimentato nell’opinione pubblica italiana due visioni contrapposte: da un lato
il culto dell’American Dream, dall’altro la contrapposizione tra l’America
corrotta e “barbara” e l’antica e morigerata civiltà italica: come nel film Santa
Lucia luntana (1931), dall’omonima canzone,
diretto da Harold Godsoe ma in realtà scritto e
interpretato da Orazio Cammi (al secolo Orazio Cammarota), originario di
Procida.
Restaurato
dalla Film Foundation di Martin Scorsese, e ritrovato di recente negli USA
dalla storica del cinema Giuliana Muscio (autrice di Napoli-New York andata
e ritorno, coedito da La Valle del Tempo e CinemaSud),
ma tuttora sconosciuto in Italia, il film narra la vicenda di una famiglia
napoletana immigrata a New York negli anni Venti, tema che Cammi riprenderà
dieci anni dopo nel film Il ritorno, prodotto per il War Saving Committee for Americans of Italian
Origin.
Protagonisti
di Santa Lucia luntana sono l’anziano e onesto
padre, rimasto vedovo, e i tre figli, due dei quali (il maschio e una delle due
femmine) convertiti al way of life
americano mentre l’altra figlia, Lucia, è rimasta fedele ai valori tradizionali
della famiglia italiana. Dopo un colpo di scena drammatico (il figlio ruba i
risparmi del padre per coprire debiti di gioco e finisce arrestato) la storia
evolve verso un repentino happy end: il figlio
“scapestrato” si redime con il lavoro, fino a diventare un facoltoso
imprenditore, e per farsi perdonare regala al padre – che in America viveva con
i figli in uno spoglio bilocale - una villa “hollywoodiana”, ma in Italia…
Il “sogno
americano” infine si realizza, ma in direzione opposta, grazie al ritorno al
paese natale e alla riscoperta delle radici dopo l’illusoria e pericolosa
“infatuazione” per i modelli culturali d’oltreoceano.
Il messaggio
del film è talmente scoperto da suscitare involontari effetti comici, come
nella sequenza finale nella sontuosa dimora. L’apice si raggiunge nella scelta
di un bilinguismo finalizzato a connotare i comportamenti dei giovani immigrati
di seconda generazione: i due figli “deviati” si esprimono in un inglese
fluente, al contrario della sorella pudica e devota al padre che parla solo e
rigorosamente italiano. La lingua della fedeltà ai valori identitari contro
l’idioma dell’”imbastardimento” e dell’oblio delle proprie radici.
Da un
luogo-simbolo della migliore cultura europea giunge dunque una sollecitazione
autorevole ad approfondire, confrontandola con i fenomeni della
contemporaneità, la storia delle migrazioni, facendo tesoro della lezione del
passato per affrontare con più consapevolezza le questioni drammatiche del
presente.
***
(Paolo
Speranza storico, saggista e docente)