SARA' POSTO IN VENDITA IL 24 APRILE
All’asta 'Fräulein Lieser' di
Klimt. I misteri dell'opera appartenuta a una grande famiglia ebraica di Vienna
di Flavia
Foradini - Il Giornale dell'Arte
Erano
numerosi gli elementi che non tornavano nel clamoroso
ritrovamento del dipinto di Klimt intitolato «Bildnis
Fräulein Lieser» che sarà messo in vendita da Im
Kinsky a Vienna il prossimo 24 aprile (stimato
30-50 milioni di euro). In primis le ricerche condotte dalla casa d’aste
(ma in precedenza anche da noti storici dell’arte), che nei primi comunicati
stampa aveva lasciato una lacuna di decenni nella provenienza, in
corrispondenza del periodo dell’avvento del nazismo, della seconda
guerra mondiale e del primo dopoguerra.
Che
nel caso di «Bildnis Fräulein Lieser»
le ricerche avrebbero potuto essere agevolmente approfondite lo ha dimostrato
il quotidiano viennese «Der Standard»: nel
giro di un paio di settimane Olga Kronsteiner
ha ricostruito diversi fondamentali tasselli, asserendo non solo che il dipinto
dovesse essere considerato nell’ottica di potenziali transazioni sospette, ma
provando che il ritratto era già ricomparso nel 1961 durante il trasloco
di un negozio del centro di Vienna, dove era stato fotografato e pubblicato su
un quotidiano locale, non senza qualche interrogativo su chi fosse il reale
autore.
La
tela non è infatti firmata da Klimt, il quale apponeva il proprio nome
su un dipinto solo quando lo considerava finito: nell’ultimo scorcio della
propria vita l’artista stava lavorando a una decina di dipinti in parallelo,
fra cui «Signora con ventaglio», che l’estate scorsa è stato battuto a
85 milioni da Sotheby’s. In quell’ormai lontano 1961 Werner Hoffmann,
incaricato della creazione del futuro Museo del XX secolo (poi Mumok), aveva visto il quadro e aveva interloquito con il
supposto proprietario affinché lo cedesse in prestito, ma era giunto alla
conclusione che si trattasse di un possesso non documentabile. Forse proprio
quell’interesse da parte del rinomato storico dell’arte determinò,
possibilmente per liberarsi di un oggetto che ormai scottava, il passaggio di
proprietà indicato nella provenienza da Im Kinsky: «Dagli
anni ’60 proprietà privata austriaca».
Dopo
le rivelazioni di Kronsteiner anche il settimanale
austriaco «Profil» ha svolto delle accurate
indagini e ha aggiunto una serie di dettagli significativi alla vicenda,
delineando la famiglia ebraica Lieser come
tra le più agiate e in vista della capitale asburgica nel primo Novecento, con
frequentazioni di primissimo piano nel mondo intellettuale e artistico.
La possibile committente del dipinto, Lilly Lieser,
non seguì le figlie in fuga dal nazismo, rimase a Vienna, venne deportata nel
1942 e quindi uccisa a Auschwitz nel 1943. Perché
dunque Im Kinsky non aveva compiuto così semplici
ricerche? «I documenti del caso si trovano in un archivio del Mumok che non è aperto al pubblico», è stata la replica
della portavoce della casa d’aste alla nostra domanda in tal senso.
La
risposta più illuminante va trovata probabilmente nell’accorta costruzione dei
preparativi per la messa in vendita, che hanno reso pragmaticamente
secondario fare completa luce sul dipinto di Klimt. Il condirettore di Im Kinsky, Ernst Ploil, è
conosciuto a Vienna come avvocato specializzato in cause di restituzione. Un
fatto che può spiegare la cautelativa rinuncia ad includere gli Stati Uniti nel
giro di presentazione del quadro, che ha toccato varie città fra Europa e Asia:
il sequestro nel 1998 fra l’altro del ritratto «Wally» di Egon
Schiele di proprietà di Rudolf Leopold a chiusura di una mostra a
New York è considerato ancor oggi l’inizio della valanga di annose, complicate
e costose cause giudiziarie di restituzione e ha fatto scuola in tema di
prudenza.
Inoltre
Ploil ha finito con l’informare che l’ampia lacuna
nella provenienza ha naturalmente indotto a ritenere che non tutto fosse
«limpido» e quindi a procedere a tutti gli effetti come per un caso di
restituzione, cercando la via più sicura, e cioè quella di rintracciare
tutti i possibili eredi dei rami di discendenza dei Lieser,
farli sedere a un tavolo assieme al proprietario dagli anni ’60 e redigere un
contratto di compartecipazione agli utili dalla vendita, che metta al riparo da
eventuali cause. Il tutto secondo i «Princìpi di Washington» di accordi
«giusti e equi», che sono stringenti per le istituzioni pubbliche, ma che per
transazioni fra privati possono anche non essere adottati. Nel caso del
ritratto di «Fräulein Lieser» sono stati tuttavia
tenuti presenti come linee guida: una mossa che ha prodotto il non secondario
effetto di un nullaosta della Tutela delle Belle Arti austriaca per
un’eventuale esportazione, accordato nell’ottobre scorso.
Nel
catalogo edito da Im Kinsky per l’asta del 24 aprile,
gli esiti delle ricerche di Olga Kronsteiner e Angelika
Hager sono confluiti nelle schede informative, dando maggior corpo al
contesto e alla storia del dipinto. Ora, in dirittura d’arrivo, restano due
fatti di rilievo: da un lato la necessità di nuove esaustive ricerche
sulla storia del dipinto e dei suoi proprietari originari e successivi
(indagini a questo punto solo di carattere storico artistico, visto che le
chiare richieste di diversi storici dell’arte austriaci sulla necessità di fare
piena luce prima dell’asta non sono più un’opzione); dall’altro, la stipula
di un accordo fra gli eredi Lieser e gli attuali
proprietari del dipinto spicca come modello teso a produrre transazioni
blindate anche in casi fortemente controversi. Resta pure l’amaro
retrogusto di un’operazione che potrebbe portare un ulteriore quadro della
maturità di Klimt fuori dal Paese: data la base d’asta, i possibili acquirenti
con residenza in Austria si contano sulle dita di una mano
***
(Flavia
Foradini www.ilgiornaledellarte.com)