GENDER REVEAL
Speriamo che sia femmina. Ma finora
c'è stata sempre una preferenza per i maschi
"The
Economist"
LONDRA - Una coppia statunitense ha
organizzato una festa per celebrare il momento in cui scoprirà se aspetta un
maschio o una femmina. “È un maschio!”, grida la coppia in un video su TikTok
diventato virale. Ma la futura madre non riesce a fingere a lungo l’entusiasmo.
Dopo pochi secondi abbraccia il compagno e comincia a
singhiozzare. E assicura che prima o poi avranno una figlia, poi i due lasciano
la stanza, troppo sconvolti per stare con gli ospiti.
A volte per il gender reveal, cioè la rivelazione del sesso di chi sta per
nascere, si fanno le cose in grande: per dare la notizia alla coppia si usano
lanci di coriandoli o fumogeni rosa o azzurro. Ci sono hashtag per tenere col
fiato in sospeso come: #boyorgirl e #TractorsOrTiaras. Ma i festeggiamenti che
si concludono con il disappunto della madre e gli invitati che cercano di
consolarla sui social media hanno dato vita a un genere completamente nuovo: i
video di gender disappointment,
delusione di genere, alcuni dei quali attirano milioni di visualizzazioni.
Moltissimi post mostrano o raccontano “la tristezza dei genitori perché non è
una bambina”.
In tutto il mondo c’è sempre stata
una spiccata preferenza per i figli maschi. In molte culture, i maschi
ereditano tradizionalmente sia il nome della famiglia sia la ricchezza. Ci sono
stati perfino periodi in cui molte coppie, se aspettavano una
bambina, decidevano di abortire, lasciando intere generazioni con molti
più maschi che femmine, come è successo in Cina e in India. Ma negli ultimi
anni, nei paesi in via di sviluppo la situazione è drasticamente cambiata, e
nel mondo ricco stanno emergendo i segni di una preferenza per le femmine.
Forse per la prima volta nella lunga storia dell’umanità, in molte parti del
mondo sono i figli maschi a essere considerati un peso e le femmine una manna.
Nel corso naturale delle cose,
nascono circa 105 bambini ogni cento bambine, una dato
che sembra essere una risposta evolutiva alla maggiore mortalità maschile.
Questo rapporto oscilla un po’, per motivi che gli scienziati non hanno ancora
ben compreso. Per esempio, le nascite di maschi tendono ad aumentare subito
dopo le guerre. Ma fino agli anni ottanta del novecento, cioè prima che l’ecografia diventasse abbastanza
economica da permettere alla maggior parte degli aspiranti genitori di scoprire
il sesso di un feto, non si poteva fare molto per assecondare la preferenza per
i maschi, se non fare tanti figli e coccolare quelli maschi. E dato che le
famiglie tendevano a essere numerose, la maggior parte dei genitori finiva
comunque per avere figli di entrambi i sessi.
Ma negli ultimi decenni, da quando
in gran parte del mondo si fanno meno figli, i genitori non hanno più potuto
aspettarsi di avere almeno un maschio. L’ecografia ha dato alle coppie la
possibilità di scegliere e il risultato è stato un massacro di feti di genere
femminile. Secondo i calcoli dell’Economist, dal 1980 sono nate circa 50
milioni di bambine in meno rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato. Nell’anno
peggiore, il 2000, sono nati circa 1,7 milioni di maschi in più del dovuto. Di
recente, nel 2015, il numero dei nati di genere maschile in eccesso era ancora
più di un milione, il che fa pensare che un numero simile di bambine deve
essere stato rifiutato.
Invece quest’anno, secondo le stime
dell’Economist, la cifra scenderà a circa duecentomila. Il precipitoso calo
dello squilibrio tra i sessi equivale a circa sette milioni di bambine salvate
dal 2001 in poi. La preferenza globale per i figli maschi è quasi scomparsa,
insieme alle orde di bambine sparite.
I paesi con una maggiore preferenza
per i maschi hanno visto un’inversione di tendenza verso il tasso naturale. In
Corea del Sud, nel 1990 sono nati quasi 116 maschi ogni cento femmine. Lo
squilibrio era ancora più pronunciato nelle famiglie più numerose. Tra i
terzogeniti, c’erano più di duecento maschi ogni cento femmine. Tra i quarti
figli, il rapporto si avvicinava a 250 maschi ogni cento femmine. Oggi, invece,
la distribuzione è quasi uniforme.
Il desiderio di avere figli maschi è
diminuito rapidamente anche in Cina e in India, anche se il rapporto tra i
sessi alla nascita rimane distorto in entrambi i paesi. In Cina è sceso da un
picco di 117 per la maggior parte degli anni duemila a 111 nel 2023. Nello
stesso anno, in India il tasso era di 107, in calo rispetto ai 109 del 2010.
I dati dei sondaggi confermano
questo cambiamento. In molti paesi in via di sviluppo, quando c’è una
preferenza sul sesso dei figli, oggi sembra che sia per un mix di maschi e
femmine. Le donne del Bangladesh che non hanno ancora avuto figli, per esempio,
esprimono il desiderio quasi identico di figli maschi e femmine. Tra quelle che
hanno uno o due figli, avere un figlio maschio aumenta il desiderio di avere
figlie femmine e avere una figlia femmina aumenta il desiderio di figli maschi.
I ricercatori hanno anche osservato una simile tendenza all’equilibrio nella
maggior parte dell’Africa sub-sahariana.
A lungo termine, la riduzione della
preferenza per i maschi dovrebbe riportare i paesi con la popolazione più
squilibrata a qualcosa che si avvicina a una normale distribuzione dei sessi.
Questo significa il superamento di una serie di problemi sociali legati alla
carenza di donne, dall’aumento della criminalità al traffico di spose
straniere, anche se ci vorranno decenni prima che questi pregiudizi del passato
scompaiano del tutto.
Nel frattempo, nel mondo ricco
appare evidente che la preferenza per le bambine è in crescita. Tra il 1985 e
il 2003, secondo l’istituto di statistica della Corea del Sud, la percentuale
di donne che ritenevano “necessario” avere un figlio maschio è crollata dal 48
al 6 per cento. Oggi quasi la metà vuole una femmina. Anche in Giappone, i
sondaggi suggeriscono una chiara preferenza per le figlie. In base al Japanese national fertility
survey, un sondaggio condotto ogni cinque anni, nel 1982 il 48,5 per cento
delle coppie sposate che volevano un solo figlio diceva di preferire una
bambina. Nel 2002, erano il 75 per cento. Una tendenza simile si nota anche tra
i genitori che volevano due o tre figli.
In certe zone, le statistiche
complessive sulle nascite sembrano riflettere una preferenza per le femmine
rispetto ai maschi. Per esempio il rapporto tra i
sessi alla nascita è leggermente inferiore alla norma in alcune parti dei
Caraibi e dell’Africa sub-sahariana. Alcuni paesi di queste regioni si arriva
fino a cento o 101 maschi ogni cento femmine. Nei Caraibi, più di una famiglia
su tre è guidata da una donna, e la percentuale di donne che dicono di
preferire le figlie femmine è maggiore di quelle che preferirebbe dei maschi.
Nell’Africa sub-sahariana, l’obbligo tradizionale dell’uomo di versare una
considerevole cifra alla famiglia della sposa può aver contribuito a rendere le
ragazze più desiderabili.
Ma nella maggior parte dei paesi,
qualsiasi preferenza per le femmine espressa nei sondaggi non è abbastanza
significativa da apparire evidente nel rapporto complessivo tra i sessi alla
nascita. In altre parole, la maggior parte dei futuri genitori sembra essere
contraria agli aborti selettivi in base al sesso. Tuttavia, un pregiudizio a
favore delle femmine è visibile nei casi in cui è possibile scegliere, come
quando si cerca di adottare o si ricorre alla fecondazione artificiale. Il
classico indicatore di preferenza – continuare a fare figli a seconda del sesso
di quelli già nati – suggerisce un desiderio di figlie femmine.
Un tempo negli Stati Uniti le coppie
che avevano solo femmine tendevano più delle altre a fare ancora figli,
presumibilmente per cercare di avere un maschio. Questa è la tesi esposta in
uno studio pubblicato nel 2008 da Gordon Dahl, dell’università della California
a San Diego, ed Enrico Moretti, dell’università della California a Berkeley. Il
loro rapporto, che analizza i dati dei censimenti dal 1960 al 2000, conclude
che in negli Stati Uniti i genitori hanno sempre preferito i figli maschi.
Da allora, però, questa preferenza
si è invertita. Da uno studio del 2017 condotto da Francine Blau,
un’economista della Cornell university, è emerso che
più di recente negli Stati Uniti avere prima una figlia è associato a tassi di
fertilità più bassi. La sua ricerca, basata sui dati dal 2008 al 2013, mostra
una preferenza per le femmine.
Altri paesi ricchi seguono un
modello simile. Un pregiudizio a favore delle femmine è stato rilevato in tutta
la Scandinavia. Nei paesi della regione, i genitori che hanno avuto un maschio
e una femmina fanno meno figli; quelli con due figli maschi hanno tassi di
natalità notevolmente più alti dei genitori che hanno avuto due femmine. I
finlandesi che hanno avuto per prima una femmina tendono ad avere un po’ meno
figli. Gli studi suggeriscono anche una preferenza per le bambine nella
Repubblica Ceca, in Lituania, nei Paesi Bassi e in Portogallo.
Il trattamento della fertilità
fornisce un’ulteriore prova di questo pregiudizio. Alla New York City IVF, una
clinica di Midtown Manhattan, i genitori pagano fino a ventimila dollari per
selezionare il sesso dei bambini concepiti attraverso la fecondazione in vitro
(Ivf). Le famiglie ricche arrivano lì anche da paesi
come il Regno Unito, dove la scelta è vietata. “In passato, chiedevano solo
maschi”, dice Alyaa Elassar,
che dirige lo studio, ma oggi sempre più spesso preferiscono le bambine.
Anche chi vuole adottare tende a
volere una femmina. Secondo uno studio pubblicato nel 2010, gli statunitensi
erano disposti a pagare fino a 16mila dollari per assicurarsi una figlia. Nel
2009 Abbie Goldberg della Clark university aveva
chiesto a più di duecento coppie statunitensi che speravano di adottare se
preferivano un maschio o una femmina. Anche se molti di loro avevano detto che
era irrilevante, in media gli uomini e le donne eterosessuali e le lesbiche
tendevano a volere una femmina. Solo i gay preferivano adottare dei maschi. In
Corea del Sud le bambine rappresentano una netta maggioranza delle adozioni. Il
maggiore interesse per l’adozione di bambine non ha assolutamente alcun effetto
sul rapporto tra i sessi alla nascita, ma fornisce una buona indicazione delle
preferenze dei genitori.
I motivi di questa crescente
preferenza per le femmine e la relativa svalutazione dei maschi non sono
affatto chiari. Potrebbero esserci molti fattori che si combinano. Nello studio
di Goldberg, che ha diviso i genitori in base al loro orientamento sessuale,
diversi gruppi hanno fornito ragioni diverse per le loro inclinazioni. Gli
uomini eterosessuali, per esempio, ritenevano che le bambine sarebbero state
“più facili da crescere”, più “interessanti” e “complesse”, oltre che “meno
impegnative fisicamente” dei maschi. Le lesbiche erano preoccupate di non
essere in grado di stabilire un buon rapporto con i maschi e così via.
Nei paesi che mostravano un forte
pregiudizio a favore dei maschi, il cambiamento può semplicemente riflettere il
desiderio di evitare i problemi che derivano dai rapporti distorti tra i sessi.
In Cina, dove lo squilibrio è così grande che molti uomini finiscono per
rimanere “rami spogli”, cioè non sposati e senza figli, può darsi che chi i
figli li ha voglia evitargli una vita solitaria. Inoltre, è più costoso avere
figli maschi, perché ci si aspetta che un uomo della classe media possieda un
appartamento prima di potersi sposare. I genitori dei maschi spesso si
lamentano delle spese rovinose per aiutarli a comprare una casa.
Un’altra possibilità è che la
preferenza per le ragazze possa non essere un segno di emancipazione, ma un
riflesso dei tradizionali ruoli di genere. L’idea che le figlie saranno più
premurose mentre i figli maschi si allontaneranno dai genitori è radicata anche
nelle società più ugualitarie. In Danimarca, Norvegia e Svezia, dove le donne
sono relativamente ben rappresentate sia nel mondo degli affari si in politica,
le coppie attribuiscono comunque maggiore importanza ad avere almeno una figlia
che ad avere almeno un figlio. Alcuni sociologi ipotizzano che sia perché le
donne tendono molto più degli uomini a garantire assistenza ai genitori anziani
che vivono da soli.
Il crescente desiderio di avere
figlie femmine può anche riflettere i mali sociali che affliggono gli uomini in
gran parte del mondo ricco. Questi dominano ancora gli affari e la politica e
quasi ovunque guadagnano di più per fare lo stesso lavoro delle donne, ma è
anche più probabile che prendano una brutta strada. In molti paesi ricchi, i
maschi adolescenti hanno maggiori probabilità di essere sia autori che vittime
di crimini violenti. Hanno anche maggiori probabilità di suicidarsi. I ragazzi
vanno peggio delle ragazze in tutti i livelli di istruzione e vengono espulsi
dalle scuole molto più spesso. Hanno meno probabilità delle donne di
frequentare l’università. Il divario di genere nelle università statunitensi
oggi è più grande rispetto al 1972, quando furono emanate le leggi che
proibivano la discriminazione di genere nell’istruzione. Ma non sono più le
donne a essere sottorappresentate.
I genitori competitivi possono
pensare che le ragazze gli daranno più soddisfazioni. Dopotutto, i maschi
sviluppano le capacità motorie più tardi delle femmine. Sono anche meno capaci
di stare fermi. Sono tutti inconvenienti in un mondo di lezioni di musica e
d’arte per i più piccoli. “Non abbiamo più mogli trofeo”, dice Richard Reeves,
presidente dell’American institute for boys and men, che cerca di porre rimedio
ai problemi sociali maschili. “Abbiamo figli trofeo”.
Il divario di genere continua
nell’età adulta. Mentre le giovani donne di successo lasciano la casa di
famiglia, i giovani uomini hanno meno probabilità di andarsene. Un esempio è il
Giappone, con il suo numero impressionante di hikikomori, giovani che
vivono in estremo isolamento sociale, la maggior parte dei quali sono maschi.
Negli Stati Uniti, i giovani uomini hanno anche maggiori probabilità di
rimanere a casa dei genitori rispetto alle donne: circa uno su cinque di età
compresa tra i 25 e i 34 anni vive con i genitori, rispetto a poco più di una
donna su dieci della stessa età.
Anche la resa dei conti culturale
con la misoginia potrebbe essere un fattore importante. In un libro intitolato BoyMom. Reimagining boyhood in the age of impossible masculinity, Ruth Whippman
osserva che ultimamente il mondo è stato inondato da un torrente di notizie sul
cattivo comportamento maschile. Il movimento #MeToo ha rivelato l’atteggiamento
predatorio maschile prima a Hollywood, e poi in una serie di altri settori e
paesi. I nomi di uomini come Harvey Weinstein, Jeffrey Epstein e Andrew Tate
sono diventati familiari dopo essere stati accusati di molteplici forme di
abuso nei confronti di donne (e nel caso di Epstein, di ragazzine).
Più recentemente, la storia di
Gisèle Pelicot, una donna francese che è stata
ripetutamente drogata e violentata dal marito e da altri cinquanta uomini, ha
suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica. Adolescence,
la serie tv di Netflix su un ragazzo britannico di 13 anni che viene arrestato
per omicidio, ha scatenato in tutto il mondo un dibattito sul comportamento
misogino nei ragazzi. Secondo Whippman, è un momento
difficile per crescere i maschi. L’elenco delle paure è lungo, scrive in Boymom: “Può diventare uno stupratore, sparare in
una scuola, rimanere solo, restare bambino a vita, diventare misogino,
presuntuoso, anaffettivo, emotivo o non pulire mai il bancone della cucina”.
Un segno eloquente dell’allarme
generale sui maschi del mondo ricco è l’interesse che i politici hanno
cominciato a mostrare per l’argomento. L’anno scorso il parlamento britannico
ha aperto un’indagine sugli scarsi risultati scolastici dei ragazzi. Nel 2022,
la Norvegia ha fatto un ulteriore passo avanti, istituendo una commissione per
l’uguaglianza degli uomini. La sua relazione finale del 2024 ha concluso
che affrontare i problemi dei ragazzi e degli uomini sarà il “prossimo passo”
verso l’uguaglianza di genere.
I politici statunitensi di ogni
schieramento fanno discorsi simili. Il governatore dello Utah, il repubblicano
Spencer Cox, ha creato una task-force sul benessere maschile. Il governatore
del Maryland, il democratico Wes Moore, si è impegnato a cercare “soluzioni
mirate per migliorare i nostri uomini e ragazzi”; La governatrice del Michigan,
la democratica Gretchen Whitmer, vorrebbe favorire
l’ingresso di più giovani uomini nei college e nei corsi professionali dello
stato.
È importante mantenere in
prospettiva il problema dei maschi nel mondo ricco. “Ci sono poche prove che il
desiderio di avere figlie femmine si traduca in un comportamento
discriminatorio nei confronti dei maschi o delle femmine”, dice Lisa Eklund dell’università di Lund in Svezia. Con centomila
aborti selettivi di feti femminili che avvengono ancora in Cina ogni anno,
sradicare i pregiudizi contro le donne dovrebbe rimanere una priorità.
Ma la tecnologia potrebbe presto
cambiare la situazione, come fecero le ecografie a prezzi abbordabili
cinquant’anni fa. Avendo un modo semplice per agire in base alla loro
preferenza per le femmine, i genitori del mondo ricco potrebbero cominciare a
farlo in numero maggiore. Nuovi test stanno consentendo alle coppie di
conoscere il sesso del nascituro molto prima. Alcuni kit possono essere
acquistati online o nei negozi, richiedono solo poche gocce di sangue della
madre e funzionano a partire dalla sesta settimana di gravidanza. In quel
periodo amici e familiari di solito non sanno ancora della gravidanza e quindi
non hanno bisogno di sapere se viene interrotta.
Anche la fecondazione in vitro e
altri trattamenti per la fertilità stanno diventando più
economici, più efficaci e quindi più diffusi. Negli Stati Uniti, dove la
fecondazione in vitro selettiva per sesso è legale, circa un quarto di tutti i
tentativi di Ivf oggi porta a nascite vive, rispetto
al 14 per cento degli anni novanta. Circa il 90 per
cento delle coppie che usano una tecnica chiamata smistamento degli spermatozoi
per selezionare il sesso del nascituro ha dichiarato di volere un equilibrio
tra figli e figlie. Nonostante questo, in pratica l’80 per cento di loro
sceglie una bambina. Se lo squilibrio continuerà anche quando questi metodi
saranno più diffusi, il rapporto tra i sessi negli Stati Uniti comincerà presto
a essere distorto.
E anche se per il momento il
rapporto alla nascita rimane al livello naturale, la preferenza per le femmine
è significativa. Come gli aborti selettivi in base al sesso nei paesi in via di
sviluppo sono il riflesso delle disparità e dei pregiudizi esistenti, il
pregiudizio che si sta affermando a favore delle femmine nei paesi ricchi
probabilmente rivela qualcosa su come funzionano le società. Alleviare le
pressioni sociali che portano i genitori a preferire le ragazze ai maschi
sarebbe una buona idea, indipendentemente dalle ultime statistiche sul rapporto
tra i sessi alla nascita.
(The Economist -Traduzione di
Bruna Tororella per "Internazionale")