Papa Leone
toglie allo Ior l'esclusiva sugli investimenti. Ruolo
centrale per l'Apsa
ROMA - La
riforma della finanza vaticana entra ufficialmente in vigore con la
pubblicazione su L'Osservatore Romano. Con il Motu Proprio "Coniuncta Cura", Papa Leone XIV ridefinisce i ruoli
delle istituzioni economiche della Santa Sede, togliendo allo Ior - l'Istituto per le Opere di Religione - l'esclusiva
sugli investimenti e restituendo all'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio
della Sede Apostolica, una funzione centrale nella gestione dei fondi. La
decisione, frutto delle raccomandazioni del Consiglio per l'Economia e del
Comitato per gli Investimenti, mira a promuovere una "responsabilità
condivisa" tra gli organismi curiali, nel solco della Costituzione
apostolica Praedicate Evangelium.
Che cosa
cambia subito per Apsa e Ior
Con la
nuova normativa, l'Apsa torna a essere il principale ente di amministrazione e
gestione patrimoniale del Vaticano. Lo Ior, che
durante il pontificato di Papa Francesco aveva ottenuto l'esclusiva sugli
investimenti, conserva un ruolo operativo ma non più monopolistico.
Il Motu Proprio stabilisce che l'Apsa possa scegliere di avvalersi della
struttura interna dello Ior per eseguire operazioni
finanziarie, ma – per la prima volta dopo anni – potrà anche rivolgersi a
intermediari esterni, italiani o internazionali, se giudicati più efficienti o
convenienti dal Comitato per gli Investimenti.
Perché la
fine dell'esclusiva è importante: governance, controlli e trasparenza
La
scelta del Pontefice non è solo tecnica ma anche istituzionale. Con la formula
della "corresponsabilità nella communio", Papa Leone introduce un
principio di gestione collegiale delle risorse della Santa Sede. L'obiettivo è
rafforzare i controlli interni, evitare concentrazioni di potere economico e
garantire maggiore trasparenza nella gestione dei fondi vaticani, dopo anni di
riforme avviate per prevenire irregolarità e conflitti d'interesse. Il
nuovo equilibrio tra Apsa, Ior e Comitato per gli
Investimenti intende assicurare un sistema più bilanciato, fondato sulla
verifica reciproca delle competenze.
Il
precedente del 2022: che cos'era il Rescriptum e
perché viene abrogato
Il Motu
Proprio abroga il Rescriptum ex Audientia
del 23 agosto 2022, un provvedimento di Papa Francesco che aveva centralizzato
la gestione degli investimenti finanziari nello Ior.
Con quella norma, tutte le entità della Santa Sede erano obbligate a trasferire
i propri fondi presso la banca vaticana, che aveva così ottenuto un ruolo
esclusivo nella gestione della liquidità e degli investimenti.
Ora, con "Coniuncta Cura", Papa Leone XIV
annulla quella impostazione, restituendo all'Apsa la funzione di amministratore
patrimoniale e ponendo lo Ior in posizione di
collaborazione, non di controllo.
Cos'è un
Motu Proprio e perché è uno strumento importante nelle riforme papali
Il Motu
Proprio è un atto legislativo emanato direttamente dal Papa "di propria
iniziativa" (motu proprio significa letteralmente "di moto
proprio"). Ha valore di legge universale all'interno della Chiesa
cattolica e viene utilizzato per introdurre modifiche normative o istituire
nuovi organi senza passare per procedure collegiali.
Nel caso di "Coniuncta Cura", l'atto papale
rientra tra gli strumenti di governo immediato del Pontefice: consente di
intervenire rapidamente per adattare la struttura finanziaria del Vaticano ai
principi di efficienza e trasparenza stabiliti dalla riforma curiale di Praedicate Evangelium. Il
Motu Proprio richiama esplicitamente l'articolo 219 della Costituzione
apostolica Praedicate Evangelium,
che disciplina le attività economiche e finanziarie della Curia Romana. In esso
si definiscono i criteri di correttezza, prudenza e trasparenza nella gestione
del patrimonio della Santa Sede.
Con "Coniuncta Cura", Papa Leone XIV si
colloca nel solco di quella riforma, completandone l'attuazione sul piano
operativo e normativo.
Il ruolo
del Comitato per gli investimenti e la Politica d'investimento
Elemento
centrale del nuovo assetto è il Comitato per gli Investimenti, organismo
previsto dalla Costituzione apostolica del 2022. È a questo ente che spetta il
compito di approvare la Politica d'investimento e di vigilare sulle strategie
economiche della Santa Sede. Le sue raccomandazioni sono vincolanti e
rappresentano la base tecnica delle decisioni operative di Apsa e Ior.
In questo modo
il Papa rafforza il principio di controllo incrociato tra organi, limitando
l'autonomia decisionale dei singoli enti e garantendo maggiore trasparenza nei
processi.
Intermediari
anche esteri: quando e perché si potranno usare
Il
documento papale introduce un elemento di flessibilità. L'Apsa potrà avvalersi
di intermediari finanziari esteri quando il Comitato per gli Investimenti lo
ritenga più conveniente o sicuro rispetto alle strutture vaticane. La misura
mira a favorire una gestione professionale e competitiva dei capitali, adeguata
agli standard internazionali, pur mantenendo l'etica e la missione proprie
della Santa Sede.
È una novità che apre alla collaborazione con realtà esterne, sempre nel
rispetto delle norme antiriciclaggio e dei criteri di investimento etico già
fissati dal Vaticano.
Le disposizioni avranno effetto anche sulle diocesi e sugli enti religiosi
collegati alla Santa Sede, che dovranno conformarsi alla nuova Politica
d'investimento approvata dal Comitato. L'obiettivo è rendere omogenea la
gestione dei fondi ecclesiastici, rafforzando il coordinamento tra centro e
periferia.
Non si tratta di una rivoluzione, ma di un'evoluzione del sistema di governance
finanziaria che mira a garantire maggiore solidità e responsabilità condivisa.
Tempistiche
e prossimi passaggi: cosa aspettarsi nei mesi iniziali
Il Motu
Proprio ha effetto immediato dalla sua pubblicazione su L'Osservatore Romano.
Nei prossimi mesi l'Apsa e lo Ior dovranno adeguare i
propri statuti interni alle nuove regole, mentre il Comitato per gli
Investimenti elaborerà la versione aggiornata della Politica d'investimento.
Gli osservatori vaticani si attendono un periodo di transizione breve ma
significativo, con l'obiettivo di consolidare una gestione finanziaria più
trasparente, partecipata e coerente con la missione pastorale della Santa Sede.
Gli
scandali che hanno segnato la storia dello Ior
Nel
corso dei decenni, lo Istituto per le Opere di Religione (IOR) è stato più
volte al centro di controversie e scandali che hanno inciso profondamente
sull’immagine finanziaria del Vaticano. Il caso più famoso resta quello del
Banco Ambrosiano, esploso nel 1982: la banca, guidata da Roberto Calvi e
sostenuta da complesse strutture offshore, crollò lasciando un buco di oltre
1,3 miliardi di dollari. Lo Ior, allora presieduto da
monsignor Paul Marcinkus, risultò tra i principali partner dell’istituto e venne
accusato di aver rilasciato lettere di garanzia a società coinvolte nel
dissesto. Marcinkus non fu mai processato grazie all’immunità vaticana, ma
l’episodio segnò uno dei momenti più critici nella storia della finanza
cattolica.
Negli anni
Duemila, nuovi episodi riaccesero l’attenzione internazionale. Tra il 2010 e il
2013, durante la presidenza di Ettore Gotti Tedeschi, la magistratura
italiana aprì un’inchiesta per presunte violazioni delle norme antiriciclaggio,
legate al trasferimento di circa 23 milioni di euro. L’indagine si concluse
senza prove di reati, ma l’immagine dello Ior ne uscì
indebolita. Poco dopo, nel 2013, il consiglio d’amministrazione rimosse Gotti
Tedeschi dall’incarico, aprendo una fase di instabilità che spinse la Santa
Sede a rafforzare i controlli interni e ad aderire
agli standard internazionali di trasparenza finanziaria.
Ulteriori
inchieste interne, condotte tra il 2018 e il 2021, hanno portato il tribunale
vaticano a riconoscere responsabilità per mala gestio
nei confronti di due ex dirigenti, Paolo Cipriani e Massimo Tulli,
condannati in appello a risarcire oltre 40 milioni di euro per operazioni
considerate imprudenti e non conformi agli statuti dell’Istituto. A questi casi
si è aggiunta la controversia legata all’investimento immobiliare nel complesso
“Exchange Palace” di Budapest, una vicenda che ha coinvolto lo Ior attraverso un fondo di investimento e che ha sollevato
dubbi sulla trasparenza delle operazioni.
Tutti questi
episodi, pur con esiti diversi sul piano giudiziario, hanno evidenziato la
necessità di una riforma strutturale. È in questo contesto che si inserisce la
decisione di Papa Leone XIV: la revoca dell’esclusiva allo Ior
sugli investimenti e la restituzione di competenze all’Apsa rappresentano un
passo ulteriore verso una finanza vaticana più controllata, plurale e
trasparente, capace di prevenire concentrazioni di potere e di rispondere agli
standard di buona governance oggi richiesti anche dalle istituzioni ecclesiali.
Quanto
denaro gestisce oggi lo Ior
Lo
Istituto per le Opere di Religione continua a essere uno dei pilastri economici
della Santa Sede. Secondo il Rapporto annuale 2024 diffuso dalla Sala Stampa
vaticana, l’istituto gestisce complessivamente circa 5,7 miliardi di euro tra
conti correnti, depositi, fondi patrimoniali e titoli in custodia. Il
patrimonio netto ammonta a circa 732 milioni di euro, mentre l’utile registrato
per l’esercizio 2024 è stato di 32,8 milioni di euro, in aumento rispetto
all’anno precedente.
Pur non
essendo una banca nel senso tradizionale, lo Ior
opera come istituto di servizi finanziari riservato a enti religiosi,
congregazioni, diocesi e fondazioni legate alla Santa Sede. Le sue dimensioni,
inferiori rispetto ai grandi istituti internazionali, restano comunque
significative in relazione alla struttura economica vaticana. I fondi sotto la
sua gestione rappresentano infatti la parte più liquida del patrimonio
complessivo del Vaticano, distinta dalle attività immobiliari e mobiliari
amministrate dall’Apsa, che nel 2023 aveva dichiarato un patrimonio di oltre
2,7 miliardi di euro.
Questi numeri mostrano uno Ior oggi finanziariamente
solido, capace di mantenere equilibrio e trasparenza nei bilanci, e al tempo
stesso soggetto a un processo di vigilanza sempre più rigoroso, come voluto
dalle riforme introdotte negli ultimi anni dai Pontefici.
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