Con Giorgia
Meloni a Palazzo Chigi meno donne al vertice delle Spa pubbliche. In tre
spazzate via
di
Gianni Dragoni - Il Fatto Quotidiano
ROMA - Tre
donne spazzate via dalla presidenza di tre grandi società pubbliche in un colpo
solo. E’ accaduto nei giorni scorsi, quando le assemblee degli azionisti hanno
rinnovato i cda di Snam, Italgas e Autostrade per l’Italia, tutte società
controllate dalla Cassa depositi e prestiti.
Al loro posto
tutti uomini: Monica de Virgiliis è stata sostituita alla presidenza di Snam da
Alessandro Zehentner, già candidato di Fdi trombato alle elezioni 2018 e 2022,
Benedetta Navarra sbalzata di sella da Italgas a favore di Paolo Ciocca,
Elisabetta Oliveri sostituita in Aspi da Antonino Turicchi.
Erano state
nominate dal governo Draghi tre anni fa. Il ricambio, a prescindere dai meriti,
rientra nello spoil system che il governo Meloni ha attuato in maniera
sistematica, senza fare prigionieri. Potremmo dire nulla di nuovo in una prassi
discutibile, ma emerge una contraddizione tra la riduzione delle poltrone di
vertice attribuite alle donne e quanto aveva affermato la premier Giorgia
Meloni. “La sfida non è quante donne siedono in un consiglio di
amministrazione, la sfida è quando avremo il primo amministratore delegato di
una società partecipata statale donna. È uno degli obiettivi che mi dò”, aveva
detto Giorgia il 7 marzo 2023.
Poche
settimane dopo la premier ha fatto nominare Giuseppina Di Foggia, capo di Nokia
Italia, una microsocietà, Ad di Terna, la società che gestisce la rete
nazionale di trasmissione dell’energia elettrica. Di Foggia è amica di Arianna
Meloni, la sorella della premier che guida Fdi. Una scelta basata
sull’amichettismo.
Ma qui
approfondiamo un altro argomento, il peso delle donne nelle cariche di vertice
delle società pubbliche, cronicamente inferiore a quello degli uomini in tutte
le aziende, anche quelle private.
Meloni si è
detta soddisfatta delle (sue) scelte per Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna,
perché «per la prima volta nella storia delle grandi aziende quotate e
partecipate dallo Stato abbiamo una donna amministratore delegato». Non è
proprio così: una donna era già stata alla guida di una società pubblica
quotata, Roberta Neri è stata Ad di Enav (traffico aereo) dal 2015 al 2020,
nominata dal governo di Matteo Renzi e confermata nel 2017 da Paolo Gentiloni.
Se si comprendono anche le non quotate, risale al luglio 1981 (quando Giorgia
aveva 4 anni) il primo caso in cui una donna è diventata Ad di una grande
azienda pubblica, Marisa Bellisario all’Italtel, con l’appoggio del Psi di
Bettino Craxi.
Ma quello che
Meloni non ha detto è che nel complesso, calcolando anche i presidenti, che
contano meno dell’Ad ma sono importanti, con le nomine del suo governo il peso
delle quote rosa nelle maggiori società pubbliche si è ridotto.
Già nello
stesso giro di nomine del 2023 alla presidenza dell’Eni la giurista Lucia
Calvosa, che era stata nominata dal governo di Giuseppe Conte nel 2020, è stata
sostituita da Giuseppe Zafarana, ex comandante della Guardia di finanza. E alla
presidenza di Terna Valentina Bosetti, docente della Bocconi in carica dal
2020, è stata sostituita dal leghista Igor De Biasio.
La rivoluzione
rosa era stata avviata dal governo Renzi. Nell’aprile 2014 il suo governo ha
nominato quattro donne presidenti delle cinque maggiori società pubbliche: l’ex
presidente della Confindustria Emma Marcegaglia all’Eni, Patrizia Grieco
all’Enel, Luisa Todini a Poste, Catia Bastioli a Terna. Solo a Leonardo un
vertice tutto al maschile. L’anno successivo il governo Renzi ha nominato
Roberta Neri Ad di Enav e Gioia Ghezzi presidente di Ferrovie dello Stato. Sei
donne al vertice di sette grandi società. La situazione è rimasta
sostanzialmente identica con le nomine fatte da Gentiloni nel 2017, con il
cambio alle Poste tra Maria Bianca Farina e Todini.
Con i due
governi Conte tra il 2018 e il 2020 ci sono stati cambiamenti, le donne hanno
mantenuto cinque presidenze nelle principali otto società: Eni, Poste, Enav,
Terna, oltre a Mps, entrata nell’orbita statale, con Patrizia Grieco presidente
nel 2020, uscita dall’Enel per far posto a Michele Crisostomo. Un passo
indietro invece alle Ferrovie, dove nel 2018 il leghista Gianluigi Castelli ha
sostituito Gioia Ghezzi. Leonardo sempre tutta al maschile.
Con Draghi la
presenza femminile nelle grandi società pubbliche si è estesa a nove presidenze
su 11, mettendo nel conto anche Italgas, Snam e Aspi. E alla presidenza di
Ferrovie è tornata una donna, Nicoletta Giadrossi. Il governo Meloni l’anno
scorso l’ha sostituita con Tommaso Tanzilli.
Dopo le nomine
di Giorgia nelle stesse grandi 11 società pubbliche sono solo tre le donne al
vertice: Silvia Rovere presidente di Poste, Alessandra Bruni presidente di
Enav, Giuseppina Di Foggia Ad di Terna, che ha un compenso record per una donna
nelle società pubbliche: 2,88 milioni lordi nel 2024, rispetto ai 500mila di
una presidenza importante come Eni o Enel.
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(Gianni
Dragoni www.ilfattoquotidiano.ir)