Ecco tutte
le promesse di John Elkann. Come svanisce in 8 anni un
patrimonio editoriale
di
Alberto Ferricolo - Professione Reporter
ROMA
. Tutto è iniziato
in pompa magna il 5 aprile 2017, con la fusione tra Gruppo L’Espresso e Itedi, la società di controllo della Stampa di Torino. E
con una lettera agli azionisti di Exor, la holding degli Agnelli che approva ad
Amsterdam, sede legale del gruppo, i conti del 2016: “Sono molto felice che
insieme alla famiglia De Benedetti creeremo Gedi, il leader italiano nel
settore dell’informazione, nonché uno dei più grandi in Europa, guidato da una
manager di grande talento come Monica Mondardini”, afferma Elkann. E ricorda i
numeri del gruppo, elencandoli: ricavi complessivi di circa 700 milioni, una
redditività tra le più alte del settore, niente debiti, una diffusione media
aggregata (carta+digitale) di circa 740.000 copie al
giorno, più di 5,8 milioni di lettori e circa due milioni e mezzo di utenti
digitali unici al giorno. Una forza e un patrimonio dilapidato nel giro di otto
anni.
messaggio
positivo
Il numero uno
di Fiat-Stellantis lancia un messaggio positivo per
il futuro dei giornali, “prospero, se si farà informazione di qualità”. Il 26
aprile lo stesso concetto lo ribadisce il presidente del Gruppo Rodolfo De
Benedetti, figlio dell’Ingegner Carlo e fratello di Marco, che il 23 giugno
diventa presidente di Gedi, al posto del padre Carlo, che lascia e diventa
Presidente onorario.
In
un’intervista a Bloomberg dello stesso giorno, Rodolfo parla della nuova
società che nasce dall’integrazione tra il Gruppo L’Espresso che edita la
Repubblica e altri quotidiani, periodici e radio e Itedi,
editore della Stampa di Torino e del Secolo XIX di Genova, annunciando che la Cir (Compagne industriali riunite, la cassaforte) “sarà il
principale azionista con una quota del 43,4%, assieme alla Exor di John Elkann
e da Carlo Perrone.
mani avanti
Ma già sembra
mettere le mani avanti: le sfide che ha di fronte il settore “sono enormi”,
spiega, in considerazione del calo strutturale della diffusione dei giornali di
carta e del cosiddetto “ad crunch”, ovvero la riduzione della pubblicità sui
media tradizionali, anche online, a beneficio dei giganti tecnologici.
Tuttavia “non
dobbiamo farci travolgere dal pessimismo, poiché penso possa esserci ancora
spazio per i giornali, in una integrazione virtuosa tra carta e digitale, per
fornire ai lettori un’informazione professionale, credibile e di qualità”. Per
aggiungere e ammettere che l’integrazione tra Espresso e Itedi
non è solo una operazione di riduzione di costi, ma “c’è molto di più”, poiché
sono state individuate diverse aree nelle quali realizzare progetti e cercare
di generare ricavi aggiuntivi.
campagna
d’immagine
E
nell’intervista a Bloomberg sottolinea che il titolo Cir
è cresciuto del 44% nell’ultimo anno. Intanto Carlo De Benedetti, capostipite
della Cir, adombra un’inedita tesi sull’integrazione
dei due gruppi: “Oggi è diventata possibile un’idea più volte accarezzata da
Carlo Caracciolo. L’idea di unire La Stampa e la Repubblica era un suo progetto
e ne discusse a più riprese con il nipote John Philip Elkann”.
Per sostenere
l’operazione di fusione viene lanciata una campagna d’immagine attraverso la
promozione di un mega convegno a Torino in occasione dei festeggiamenti per i
150 anni della Stampa, con 400 big dell’editoria, sul futuro dei giornali, la
cui sintesi è: la carta stampata non morirà, ma il giornale del futuro,
incalzato da internet e dai social network, sarà molto diverso. Avrà un formato
più piccolo e accattivante, una grafica nuova, avrà più rilievo durante i week
end e sarà iperlocale.
dismissione
progressiva
Curioso,
perché sei anni dopo inizia la dismissione delle tredici testate locali collocate un
po’ ovunque lungo lo Stivale, specie a Nordest, tra Veneto e Friuli. Se il
futuro è “iperlocale”, Gedi si ritira con largo
anticipo. Anche se i primi due quotidiani a essere ceduti, e direttamente dal
Gruppo Espresso, sono stati Il Centro di Pescara e subito dopo La Città di
Salerno, nel 2016, a imprenditori locali.
Su indicazione
del fratello Rodolfo, il 23 giugno 2017 il Cda di Gedi incorona Marco De
Benedetti alla presidenza del gruppo e il padre Carlo, l’ingegnere, lascia con
questa testimonianza affidata al summit editoriale torinese: “Non vogliamo
aiuti di Stato né sovvenzioni, vogliamo cercare il modo per rimanere remunerativi
perché se muore l’editoria, non muore solo un settore industriale: muore una
funzione essenziale dei sistemi democratici”.
come la juventus
Dopo un anno e
tre giorni, siamo nel 2018, lascia anche Monica Mondardini, con il ruolo di
Amministratore delegato durato nove anni, e arriva Laura Cioli, passando come
una meteora. A commento dell’operazione Elkann si lasca andare a una
dichiarazione incoraggiante, anche se alla luce del campionato di questo 2025
lo è molto meno: “Gedi è la realtà dominante nel mondo dell’editoria e, come
per la Juventus, quando si vince si vuole continuare a vincere. È un capitolo
nuovo, è un modo nuovo di raccontare le cose per coinvolgere anche nuovi
lettori”.
Mentre Rodolfo
De Benedetti a due anni dall’accordo, è il 27 aprile 2019, si dice anche
soddisfatto “della collaborazione e dei risultati, avendo realizzato sinergie
superiori rispetto a quanto previsto”. “Tre anni fa -spiega- ci siamo
incontrati con Elkann, ci confrontavamo entrambi con la necessità di aumentare
la dimensione delle nostre aziende in un mestiere maturo, in pochi giorni
abbiamo trovato un accordo, Exor è entrato come socio di minoranza e John
Elkann si è impegnato personalmente in consiglio e di questo gli sono grato”.
“stabilità e
rispetto”
Il piano
Elkann è quello di offrire “stabilità e rispetto dell’indipendenza
redazionale”, punti chiave del progetto imprenditoriale e che non prevede
alcuna ipotesi di spezzatino ma neanche “suggestioni nostalgiche”, come
riferiscono fonti a lui vicine.
Con la fiducia
che Gedi possa esprimere un grande potenziale, a patto di fare alcuni passi
necessari: “Cogliere in modo risoluto i vantaggi della rivoluzione digitale,
completare l’integrazione organizzativa all’interno di Gedi (nessuna intenzione
di vendere Repubblica separatamente né di scorporare le radio) e, soprattutto,
garanzia dell’autonomia redazionale, perché “il giornalismo di qualità ha un
grande futuro”, chiosa Elkann in persona.
sfida
principale
A lui si
unisce Maurizio Scanavino, appena nominato direttore generale di Gedi, che
aggiunge alcune cifre: “L’informazione digitale a pagamento sarà la nostra
principale sfida: in molti Paesi e anche in Europa il passaggio al digitale sta
avvenendo con successo e si stanno consolidando modelli editoriali
sostenibili”. Oltre ai casi di successo come il New York Times, ricorda
Scanavino, “il gruppo svedese Bonnier e gli svizzeri di Tamedia
hanno superato i 300.000 abbonati digitali e Le Monde ha annunciato la scorsa
settimana la previsione di arrivare a 230.000 a fine anno. I quotidiani del
gruppo Gedi hanno superato i 100.000 e dobbiamo puntare a raddoppiarli nei
prossimi mesi, facendo leva sul grande potenziale delle nostre testate.
Repubblica ha superato i 3 milioni di audience complessiva nel giorno medio ed
ha una community di quasi 7 milioni di fan, mentre La Stampa ne conta 1,1
milioni e 2,5 milioni di fan”.
guai
all’orizzonte
Premesse e
promesse appaiono incoraggianti sul nuovo futuro aziendale. Siamo a dicembre
2019, ma i primi guai si stanno palesando all’orizzonte. Nello stesso mese Exor
acquisisce Gedi dalla Cir dei fratelli De Benedetti
per avviare una trasformazione basata sul digitale e, allo stesso tempo,
nell’aprile 2020 Elkann nomina Maurizio Molinari alla guida di Repubblica, al
posto di Carlo Verdelli dopo appena un anno di direzione in via Cristoforo Colombo
a Roma, e spedisce Massimo Giannini a dirigere La Stampa.
Un clamoroso
errore, perché Giannini è di certo il vero erede dell’anima scalfariana della
vecchia Repubblica, mentre Molinari è l’opposto. Tant’è che non manca di
regolare qualche conto. Si libera dello storico vicedirettore Cresto Dina,
conclude il rapporto di lavoro con Sergio Rizzo, che ha da poco lasciato il
Corriere della Sera e sciolto anche uno storico legame di coppia giornalistica
con Gian Antonio Stella (a loro firma il successo editoriale della Casta),
liquidandoli tutti con una semplice email.
valli e lerner
Lasciano anche
alcune firme storiche, come Bernardo Valli, inviato e commentatore di esteri, che si
viene a trovare in dissenso col neodirettore sulla linea sul Medioriente,
troppo filo Israele; se ne va Gad Lerner, il collaboratore culturale Enrico
Deaglio, viene ridotto il numero degli articoli geopolitici di Lucio
Caracciolo, se ne va Federico Rampini, esempio d’inviato planetario,
corrispondente dall’America. Si dimette dalla direzione dell’Huffington Post
anche Lucia Annunziata, al motto di “nuovo Editore, nuovo Direttore”, per via
del passaggio di proprietà dai De Benedetti a Elkann.
Protesta il
Cdr dell’HuffPost affermando che dopo 8 anni di
direzione Annunziata “consegna una testata con i conti in ordine e che negli
ultimi anni ha portato circa 1 milione di euro l’anno al Gruppo Gedi. Oggi HuffPost Italia è al 14esimo posto
nella classifica dei giornali online più letti in Italia (Audiweb) ed è in
crescita costante”, tanto più che nell’ultimo trimestre 2019 “il traffico sul
sito è risultato essere superiore del 25% rispetto allo stesso periodo del
2018. Il 90% del traffico totale arriva da mobile. Tra le fonti di traffico il
50% è da social network. HuffPost Italia, inoltre, è
sul podio dei giornali online più consultati dai parlamentari per il secondo
anno consecutivo secondo una ricerca Quorum/Youtrend
per Il Sole 24 Ore”.
dare i numeri
Elkann conitnua a battere il chiodo sul suo refrain: “Il
giornalismo di qualità ha un futuro” e dà alcuni numeri: “Lo si è visto in
questi tempi difficili e incerti -spiega- con la crescita del 60% degli
abbonamenti digitali che Gedi ha registrato a marzo 2020, raggiungendo la quota
di 210 mila abbonamenti rispetto ai 130 mila di fine febbraio. Allo stesso
tempo, il traffico nel sito web è aumentato del 220% con una forte crescita dei
segmenti audio e video. Questa modalità di abbonamento darà sostegno a un
business che fornisce un importante servizio alla società, offrendo ai lettori
una copertura professionale delle notizie e opinioni indipendenti su ciò che
accade sia a livello locale che mondiale”.
Tutto
sembrerebbe andare per il meglio, almeno stando ai numeri sbandierati, ma
invece il piano è inclinato. Il carattere di Molinari è freddo e distaccato,
perdute le firme storiche la Repubblica s’impoverisce e i lettori se ne
distaccano con una flessione progressiva e consistente di copie. Non va meglio
per Giannini alla Stampa: il Cdr lo prende di mira per via dei carichi di
lavoro, gli sforamenti degli orari di lavoro, delle chiusure in tipografia, per
gli ex dipendenti-pensionati che scrivono e fanno articoli e titoli.
agile vascello
Per poi
aggiungere: “Non siamo quel vascello agile e veloce che il Direttore aveva promesso.
Colleghi tappabuchi, caos nelle chiusure, arroganza nei rapporti umani”. E
viene chiusa la redazione che prepara le pagine nazionali per le testate
locali: le confezionerà l’Agenzia Ansa. Fra i grandi giornali la Stampa è
quello che ha perso di più. Fra il luglio 2020 e il luglio 2023 il dato
è meno 25,3 per cento, mentre Repubblica ha perso il 12,2, con una fuga di
lettori superiore alla media di mercato, e il Corriere della Sera il 5,9.
Nelle stanze
della proprietà non era ben vista la trasformazione della Stampa – dalle
antiche tradizioni liberali – in un giornale radicale, a sinistra di
Repubblica, già piuttosto ostile al governo Meloni. Un giornale confezionato
con cura, pieno di firme prestigiose e anche di volti noti televisivi. Che
andava perdendo le sue radici torinesi e piemontesi. Così dopo tre anni e
cinque mesi tramonta l’era Giannini alla Stampa, sostituto da Andrea
Malaguti, al quale dal 7 ottobre 2023 viene affidata la missione “di rafforzare
il legame unico della testata con i lettori del suo territorio, nel rispetto
della migliore tradizione editoriale del giornale”.
intervista a
ghali
Intanto anche
alla Repubblica le cose precipitano. L’inserto economico Affari&Finanza
viene ritirato e inviato al macero (100 mila copie) per un articolo di un
redattore esperto come Giovanni Pons sugli affari fra Italia e Francia. E viene
riscritto e ristampato in una nuova versione a cura del responsabile
dell’Economia Walter Galbiati. E poi c’è l’invasione della pubblicità camuffata
e occulta nelle pagine, con una forte ingerenza del marketing. Infine un’intervista al
cantante di origini tunisine Ghali è stata cancellata. Ce n’è abbastanza per indurre Riccardo Luna, dal 2021 Direttore del nuovo sito di
Repubblica e Stampa su tech e innovazione, a lasciare Gedi per poi venire
assunto nel febbraio 2025 al Corriere della Sera per occuparsi
dell’organizzazione degli eventi tecnologici e come editorialista.
A gennaio 2021
in un’intervista a Le Figaro John Elkann promette: “Continueremo ad investire
nell’editoria attraverso acquisizioni mirate e all’interno dello sviluppo del
modello multi-piattaforma”. Il 14 luglio 2022 muore il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari. Nel 2022
vengono venduti anche il settimanale L’Espresso, e nel 2023 tutti e sei i quotidiani del Nordest.
Il resto è
cronaca di questi giorni.
***
(Alberto Ferricolo - Professione Reporter diretto da Andrea
Garibaldi)