Guerra in Ucraina. Al Consiglio di
Sicurezza dell'Onu si studia la “russofobia”. Interviene lo storico di Yale,
Timothy Snyder
di Stefano Vaccara - La Voce di New York
NEW
YORK - Questa volta una riunione speciale del Consiglio di Sicurezza richiesta
dalla Russia è sembrata ritorcersi come un boomerang per la delegazione del
regime di Putin alle Nazioni Unite. In precedenza, le riunioni bollate come “propaganda del Cremlino” da parte
degli Stati Uniti e dei suoi alleati, potevano comunque risultare efficaci nell’aprire crepe di consenso nell’opinione pubblica mondiale,
questa volta il tema scelto, la “russofobia”, è subito apparso
controproducente. Per il Cremlino, sarebbe la “russofobia” diffusa in Ucraina e
nel mondo occidentale che avrebbe provocato l’ “operazione
speciale”, cioè l’invasione militare da parte di Mosca in difesa dei cittadini
di lingua e cultura russa che vivono in Ucraina. Ma queste giustificazioni, che
suscitano forti emozioni all’interno della “Grande Madre Russia”, nel resto del
mondo non funzionano. Probabilmente l’audience cercata per lo show voluto dalla
missione russa all’ONU era più all’interno della Russia che fuori.
Il
Consiglio di sicurezza, sotto la presidenza del Mozambico, ha quindi ascoltato
le affermazioni dissenzienti di tre “esperti”: due russi che sostenevano la
presenza della “russofobia” in Ucraina e uno, un accademico della Yale University, che contrastava tale affermazione come un
tentativo del governo della Russia di giustificare i propri crimini di guerra.
Così
prima è stato il turno di Kirill Vyshinsky, direttore
esecutivo del gruppo media Rossiya Segodnya,
che dicendo di essere un giornalista che ha lavorato in vari media ucraini, è
stato arrestato dalle forze di sicurezza con un pretesto inventatoi
è si è dovuto rifugiare nella Federazione Russa dopo il suo rilascio. Vyshinsky ha definito la russofobia una dimostrazione e
un’imposizione di ostilità contro il popolo della Federazione Russa, il suo
Stato e cittadini. Questo rifiuto dello status e della cultura di quella
civiltà verrebbe fatto pubblicamente sui media e su Internet in modo mirato. Vyshinsky ha detto che chiunque si senta russo viene
limitato nel suo diritto alla vita, alla dignità e alla libera circolazione, e
poi ha cominciato a descrivere in dettaglio diversi esempi eclatanti della
moderna russofobia ucraina. Tra i tanti episodi, Vyshinsky
ha raccontato di un misantropico appello alla televisione ucraina affinché i russi
venissero affrontati distruggendo le loro famiglie e i loro figli; un medico
ucraino che ha sollecitato la castrazione dei prigionieri di guerra perché sono
“scarafaggi piuttosto che persone”; e una pubblicità in cui veniva tagliata la
gola a un soldato russo mentre venivano pronunciate le parole “ora esigiamo la
nostra sanguinosa vendetta su tutti voi”.
Nonostante
quasi un terzo della popolazione ucraina abbia il russo come lingua madre, ha
detto Vyshinsky, negli ultimi 20 anni le autorità
ucraine hanno impedito lo studio della lingua russa, eliminandola dalle scuole
e vietato a coloro che frequentano l’istruzione superiore di parlarla, anche in
privato. Secondo Vyshinky ci sarebbe stata anche una
ridenominazione di città e strade; la distruzione dei monumenti; e il sequestro
delle chiese. “Vediamo un’ideologia di odio per tutto ciò che è russo, odio per
i russi, odio per chiunque sia in qualche modo legato alla Russia”, ha
sottolineato il primo “informatore” ai Quindici.
Il
secondo “esperto” chiamato a parlare, Dmitry Vasilets,
vice capo del sindacato ucraino dei lavoratori legali,
ha detto che parlava a nome di milioni di cittadini russi in Ucraina, ripetendo
anche lui che parlare russo è stato proibito nelle scuole a partire dal 2020 e
poi nei cinema, negli edifici pubblici e in altri luoghi dal 2021. “Questa è la
barbarie che è stata sancita dalla legge dal [presidente ucraino Volodymyr] Zelenskyy”, ha affermato Vasilets,
sottolineando che l’uso della propria lingua madre è un diritto umano protetto
dal diritto internazionale. Citando vari casi di discriminazione, anche su
piattaforme di social media, il sindacalista ucraino di lingua russa ha
dichiarato che la sua lingua “viene gradualmente distrutta”.
Quando
però è stata la volta di Timothy Snyder, professore di storia all’Università di Yale, la
musica della “propaganda” è cambiata. L’esperto americano di studi sulla Russia
e l’Est Europa, ha subito avvertito che il termine “russofobia” è solo un
tentativo di giustificare i crimini di guerra della Federazione Russa in
Ucraina. E poi ha ribaltato la tesi russa: il danno maggiore arrecato ai russi
e alla cultura della Federazione Russa è provocato principalmente dalle
politiche e dalle azioni del Cremlino. Snyder ha
cominciato ad elencare alcuni esempi: in primo luogo, l’invasione dell’Ucraina
da parte di Mosca ha causato la fuga dalla Russia di migliaia di russi tra i
più creativi e produttivi. Nel frattempo, il giornalismo russo indipendente è
stato distrutto, “in modo che i russi non possano conoscere il mondo che li
circonda”. Citando una tendenza generale alla censura nella Federazione Russa, Snyder ha affermato che in Russia oggi tenere un cartello
con la scritta “no alla guerra” rischia di portarti in galera, mentre in
Ucraina questo si può fare.
Per
il Prof. di Yale, l’affermazione che gli ucraini siano malati di una malattia
chiamata “russofobia” non è altro che la retorica di una potenza coloniale che
adotta la strategia di incitamento all’odio. Per Snyder,
che si definisce uno storico delle atrocità di massa e di altri crimini, il
termine stesso “russofobia” è una forma di propaganda imperiale e un tentativo
di giustificare i crimini di guerra di Mosca in Ucraina. Il Prof. di Yale ha
continuato descrivendo gli attacchi alla cultura russa attraverso la
distruzione di libri, musei e altri punti di riferimento culturali – tutte
parti della politica statale della Federazione Russa. Snyder
ha anche richiamato l’attenzione sull’uccisione di massa di cittadini di lingua
russa e di cittadini della Federazione Russa in Ucraina a seguito dell’invasione
di Mosca. Nel frattempo, una generazione di giovani combattenti russi, quelli
che sopravvivranno alla guerra, saranno stati coinvolti in crimini di guerra e
si ritroveranno avvolti dai sensi di colpa per il resto della loro vita.
Tuttavia,
ha affermato il Prof. Di Yale, il danno peggiore per il popolo e la cultura
russa è l’ampia normalizzazione dell’idea di genocidio da parte dello Stato. In
effetti, la televisione di Stato russa continua a presentare gli ucraini come
“maiali, vermi, satanisti e proclama che i bambini ucraini dovrebbero essere
annegati”. Quindi per Snyder “se fossimo sinceramente
preoccupati per i russi, allora saremmo preoccupati per ciò che la politica
dello Stato russo sta facendo ai russi”.
Il
termine “russofobia”, ha quindi spiegato l’esperto di Yale, fa parte di una
strategia retorica di lunga data utilizzata da un impero quando attacca,
affermando di essere, di fatto, la vittima. L’idea che la Federazione Russa sia
la vittima – anche se conduce una guerra di atrocità in Ucraina – ha lo scopo
di distrarre dall’esperienza delle vere vittime, nel mondo reale. In tale
contesto, lo storico americano ha respinto l’affermazione di Mosca secondo cui
“i nostri sentimenti feriti contano più della vita delle altre persone”.
L’affermazione che gli ucraini sono malati di una malattia chiamata
“russofobia” è semplicemente un tipo di retorica coloniale e parte di una più
ampia strategia di incitamento all’odio, ha affermato.
Quando
la parola è passata gli ambasciatori (anche questa volta quasi tutti i vice),
quello russo, Vassily Nebenzia,
ha ribadito che l’incontro era stato voluto dalla Russia per sottolineare la
minaccia della russofobia ucraina alla pace e alla sicurezza internazionale.
Ripetendo quindi quello che era stato detto nei primi due interventi, e ciòè che in Ucraina i russi erano bersagliati con una
inquisizione linguistica e un oscurantismo che fanno soffrire e anche morire
persone innocenti. “Una pace a lungo termine e sostenibile in Europa non può
essere costruita sulla russofobia”, ha sottolineato l’ambasciatore russo,
sottolineando che nessuna condanna dell’”operazione militare speciale” di Mosca
da parte dell’Occidente può spiegare la “russofobia” in quei paesi.
Sfidando
questa affermazione, il rappresentante dell’Ucraina ha sottolineato che le
fosse comuni a Bucha, Mariupol, Izium
e in altri luoghi hanno dimostrato il potere della propaganda di guerra di
Mosca nel disumanizzare gli ucraini. Questo è un vero odio che è stato
deliberatamente alimentato per decenni; diretto contro l’Ucraina;
e ha provocato crimini di guerra, crimini contro l’umanità e la rottura della
sovranità di quel paese. A questo proposito, un futuro tribunale deve stabilire
la responsabilità di tutti coloro che hanno emesso ordini criminali e di coloro
che li hanno attuati e mascherati, ha insistito.
Tra
i tanti interventi, per lo più prevedibili nei toni per o contro la Russia,
quello dell’ambasciatore del Brasile, Ronaldo Costa Filho,
è sembrato il più equilibrato ed efficace nel
fotografare una situazione in cui, alle Nazioni Unite, invece di ricercare la
pace, tutti si sforzano di trovare argomenti per la continuazione della
guerra. Il diplomatico brasiliano ha sottolineato che “la semplice
ripetizione delle posizioni nazionali, in un formato che mostra chiari segni di
esaurimento, non contribuirà in alcun modo alla fine del conflitto”. Facendo
quindi una critica alla missione russa, Costa Filho
ha detto che sarebbe stato più produttivo discutere di mezzi pragmatici per
raggiungere la pace, un concetto che è stato in gran parte assente dai
dibattiti del Consiglio. Ma dopo aver incoraggiato una riflessione sull’attuale
dinamica dei lavori consiliari e sul ruolo del Consiglio, ecco che il Brasile
ha anche chiarito che si opporrà ai tentativi di isolare la Federazione Russa
nei forum diplomatici e attraverso sanzioni unilaterali, che non sono approvate
dal Consiglio. A questo punto, secondo il Brasile, sarebbe più produttivo
discutere di mezzi pragmatici per raggiungere la pace, un concetto che è stato
in gran parte assente dai dibattiti dell’organo.
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(www.lavocedinewyork.com -
Stefano Vaccara, nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a
Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di
Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il suo weekly
USItalia. Vive a New York con la mia famiglia
americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Autore del best seller "Carlos
Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e
2015). Ha fondato e
diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di
tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ha vinto il
Premio Amerigo 2018)