Lascia l'Onu Maurizio Massari, ambasciatore paladino del multilateralismo sotto assedio  

di Stefano Vaccara - La Voce di New York

 

NEW YORK - Ogni addio al Palazzo di Vetro è un rito, ma quello dell’Ambasciatore Maurizio Massari ha avuto il sapore particolare delle stagioni che finiscono mentre il vento cambia direzione annunciando tempesta. Nella sala dove la Missione italiana ha riunito oltre 150 funzionari dell’ONU, diplomatici e colleghi da ogni continente, si celebravano i “settant’anni” dell’Italia nelle Nazioni Unite e gli 80 anni di un multilateralismo che oggi sembra più vecchio, più fragile, più sotto assedio che mai.

 

Eppure, paradossalmente, l’atmosfera tra i funzionari era allegra, complice anche la nostra cucina, appena riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. Ma dietro le immagini proiettate dei decenni italiani all’ONU, la serata ha assunto un significato più profondo: salutare un ambasciatore che, in questi quattro anni e mezzo, è stato una delle voci più solide e convincenti nel difendere l’idea stessa che un ordine internazionale basato sulle regole non sia un’opzione, ma una condizione di sopravvivenza per la civiltà umana.

 

Ricordo bene la lunga intervista del febbraio 2023 concessa da Massari a questo giornale nel suo ufficio all’ultimo piano del grattacielo sulla Hammarskjöld Plaza. Quell’incontro, fra opere d’arte e una vista mozzafiato sul Palazzo di Vetro, resta una delle conversazioni più lucide e stimolanti che abbia avuto con un ambasciatore italiano.

 

Parlammo di Ucraina, di Libia, di donne afghane, ma soprattutto della battaglia più complessa: la riforma del Consiglio di Sicurezza. Massari allora parlò di “bagno di realismo” necessario per evitare che l’ONU si avvitasse su sé stessa. Un concetto che oggi, alla fine del suo mandato, risuona profetico: il sistema multilaterale è sotto pressione come non mai, e chi ha provato davvero a difenderlo sono stati pochi.

 

Massari è stato uno di questi. Il suo mandato è stato segnato da crisi globali e da un’ONU indebolita. Ora la sua missione si conclude in uno dei momenti più difficili per l’Organizzazione: bilanci tagliati; personale demoralizzato; crisi simultanee — dall’Ucraina a Gaza al Sudan — che non si riescono a contenere; e infine il colpo assestato dall’amministrazione Trump, che ha “staccato la spina” non solo finanziaria, ma anche morale e giuridica all’ONU.

 

In mezzo a questa tempesta, Massari ha mantenuto per l’Italia una linea chiara: difesa del diritto internazionale, sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa, centralità dell’Assemblea Generale come luogo della legittimità collettiva e un appoggio convinto alle riforme amministrative lanciate dal Segretario Generale Antonio Guterres.

 

Conoscendo bene la zavorra della burocrazia europea dai suoi anni a Bruxelles, Massari sapeva distinguere tra efficienza e demolizione. Lo ha ricordato anche nel salutarci: rendere più snella un’istituzione multilaterale è un conto; privarla delle risorse necessarie a compiere la missione per cui è nata, un altro.

 

Il contributo di Massari è stato anche politico, nel senso più alto: ha incarnato un’Italia che non rinuncia alla propria tradizione repubblicana di costruttrice di ponti, mediatrice credibile, difensore del diritto. Non una media potenza che subisce il multilateralismo, ma un Paese che lo pratica e lo rivendica.

 

Non era scontato in questi anni. Mentre Stati più grandi e potenti si chiudevano nel proprio interesse, la Missione italiana ha continuato a lavorare su dossier cruciali: dal disarmo — dove Massari ha presieduto la Prima Commissione — ai fondi umanitari, fino all’impegno per i diritti delle donne attraverso UN Women. E nei corridoi del Palazzo di Vetro, tra giornalisti e diplomatici, Massari era rispettato perché agiva per ciò che pensava fosse giusto per gli interessi dell’Italia e dell’ONU.

 

Lunedì sera al Palazzo di Vetro, nell’evento per festeggiare anche la “cucina italiana” patrimonio dell’umanità, Massari ha tenuto alto il discorso richiamando le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’ONU come strumento prezioso e insostituibile per la pace e la cooperazione universale e affermando: “Il futuro delle Nazioni Unite dipenderà da quello che gli Stati membri vorranno per l’Organizzazione, ed io sono ottimista al riguardo, perché abbiamo tutti, senza divisioni geografiche o regionali, un interesse comune per un mondo più stabile, prospero e sicuro”

 

La serata organizata dalla Missione al Palazzo di Vetro è stata quindi molto più di un omaggio: è sembrata la chiusura di un ciclo. È come se l’Italia salutasse uno dei suoi interpreti più coerenti di un’epoca, proprio mentre l’ONU entra nella fase più complessa della sua storia recente.

 

Il testimone passerà ora a Giorgio Marrapodi, già ambasciatore in Turchia, che si insedierà a metà gennaio. Dovrà navigare una New York diplomatica ancora più frammentata, con crisi sovrapposte e un futuro dell’ONU che, per molti versi, si giocherà nei prossimi dodici mesi, quando inoltre verrà scelto — come sempre da USA, Russia e Cina con la certificazione dell’Assemblea Generale — il nuovo, o la prima… o (speriamo di no) ultima Segretaria Generale delle Nazioni Unite.

 

Negli anni della tempesta, Massari è stato la voce italiana che ha ricordato forte e chiaro ai suoi colleghi, agli Stati membri e anche a noi giornalisti che senza multilateralismo non c’è diritto internazionale, e senza questo non c’è ordine internazionale, non c’è pace, diritti o sicurezza.

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(Stefano Vaccara www.lavocedinewyork.com - Giornalista e scrittore. Nato e cresciuto in Sicilia, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America con Il Giornale di Montanelli, America Oggi e USItalia weekly. Dal Palazzo di Vetro oggi racconta l’ONU dopo aver fondato e diretto La Voce di New York dal 2013 a gennaio 2023)