Antony Blinken,
eminenza grigia di Joe Biden, va in Asia centrale
sulle orme di Lord Ellenboroug
di Emanueleì Pietrobon - InsideOver
Turkestan, crocevia dei grandi imperi
eurasiatici e teatro di tornei di ombre tra gli aspiranti all’egemonia
globale. Ieri Londra contro Mosca. Oggi Washington contro Mosca e Pechino, ma non
solo. Ieri Edward Law, Charles MacGregor e la Compagnia britannica delle Indie orientali contro Bronisław Grąbczewski,
Mikhail Chernyayev e Mikhail Skobelev.
Oggi Antony Blinken
all’inseguimento del sogno di Law, primo conte di Ellenborough e signore del Grande Gioco, ovvero la
costruzione di un avamposto anglofono tra Turkestan e valle dell’Indo.
Viaggio
ai confini di Russia e Cina
Il
tour fra Turkestan e valle dell’Indo di Antony Blinken,
l’eminenza grigia di Joe Biden, è iniziato il 28
febbraio e lo terrà lontano da casa fino al 3 marzo. Lo attendono quattro
giorni di lavoro non-stop, che, dopo la puntata kazaka, lo condurranno nella
storica fermata dell’antica Via della seta, l’Uzbekistan, con capolinea
la fu perla della Corona britannica, l’India.
L’agenda
centroasiatica di Blinken è fitta. La partecipazione
alla riunione del C5+1, un formato di dialogo tra Stati Uniti e –stan
istituito nel 2015 e che lui stesso ha contribuito a creare. Incontri separati,
ai margini del C5+1, con gli omologhi dei paesi partecipanti. E tavole rotonde
su cooperazione ambientale, economica, energetica e securitaria.
Nel
nome della prevedibilità patrocinata da Biden, veterano della Guerra fredda, la
Casa Bianca non ha fatto segreto dell’obiettivo ultimo dell’invio
dell’abile Blinken nelle terre del Grande Gioco: “Strappare
le repubbliche ex sovietiche dalle orbite cinese e russa”. Obiettivo che
vede e vedrà gli sforzi dell’amministrazione Biden concentrati, in particolare,
su Astana e Tashkent, cioè gli –stan più insofferenti verso l’egemonia
regionale di Mosca, nonché i più scettici nei riguardi dell’invasione militare
dell’Ucraina.
La
Casa Bianca ha da offrire qualcosa sull’altare del riallineamento di Astana,
che non per forza deve e/o dovrà significare schieramento nel campo occidentale
– un non allineamento antagonistico a Mosca sarebbe più che sufficiente. Astana
vuole capire se il gioco vale la candela, se potrebbe trattarsi di aiuto
in caso di scenari di donbassizzazione –
perciò il focus di Blinken sull'”impegno americano [a
difendere] indipendenza, sovranità e integrità territoriale dei paesi
centroasiatici”? –, e, nell’attesa di prendere una decisione, ha porto un
ramoscello d’ulivo al messo arrivato da Washington: la chiusura della rappresentanza commerciale a Mosca.
L’India
è tutto
L’India,
il gigante anglofono che nel 2022 è diventato il Paese più popoloso del mondo,
sarà uno degli obiettivi geostrategici di ogni amministrazione
americana nei decenni a venire. Giacché dal posizionamento di Nuova Delhi sulla
scacchiera globale, se a favore o contro l’Occidente, dipenderà parte
significativa dell’esito della grande battaglia per la riforma del sistema
internazionale.
Se
le relazioni tra Pechino e Nuova Delhi non sono mai state semplici, quelle tra
Washington e Nuova Delhi non sono state prive di incomprensioni e reciproche
diffidenze. Nonostante l’appartenenza al Dialogo quadrilaterale di sicurezza
(Quad), calcoli economici e sensibilità geografiche impediscono all’India di
prestarsi nel ruolo di ariete lanciato contro la Cina. E nonostante la special
relationship coi mercati occidentali e con
l’Ucraina, tanto che si parla di Ucraindia,
l’India non ha intenzione di aderire al regime sanzionatorio antirusso, che ha arricchito enormemente le industrie nazionali.
Blinken si recherà a Nuova Delhi nelle vesti
ufficiali di partecipante all’Incontro dei ministri degli esteri del G20,
che si terrà nella giornata del primo marzo, ma la speranza-aspettativa della
diplomazia statunitense è la produzione di due bilaterali ai margini
dell’evento: una con Sergej Lavrov, una con Qin Gang.
Non per porre fine alla competizione tra grandi potenze, ormai entrata nel
vivo, quanto per “mantenere aperti i canali di comunicazione”.
L’India,
all’interno del Bidenverso, è una superpotenza in
divenire che potrebbe rivelarsi fondamentale nei contesti del contenimento della Cina in una dimensione terrestre, per
via del controllo esercitato sui mari dell’Oceano Indiano, e della riedizione
in salsa multipolare del Grande Gioco, nel quale l’hindi è già diffuso e potrebbe trarre
giovamento dalla ritirata americana dall’Afghanistan.
Continuare
a corteggiare Nuova Delhi, onde evitarne l’appiattimento totale sulle posizioni
di Mosca e Pechino, sarà uno degli imperativi che guiderà Blinken
e successori. Far maturare i semi della zizzania sparsi nel Turkestan, per aggredire
l’egemonia regionale declinante della Russia (e per destabilizzare le vie
della Belt and Road Initiative),
sarà un altro categorico di primo livello per Washington e alleati. La strada
da percorrere è stata tracciata dagli antenati – divide et impera,
guerre per procura, insorgenze, diplomazia della sterlina – ma resta da vedere
se il finale sarà un remake dal sapore multipolare dell’entente
anglo-russa per l’Asia.
***
(Emanuel
Pietrobon - www.insideover.com
- scrive per vari portali specializzati e think
tank, tra i quali InsideOver, Vision&Global
Trends e Osservatorio Globalizzazione. Ha lavorato per la Commissione Europea e
Wikistrat)