UN
PIONIERE
Roberto Roberti il regista riscoperto.
Convegno internazionale a Torino sul padre di Sergio Leone
di Paolo Speranza
Il 2024 sarà l’anno della
piena e definitiva riscoperta di Roberto Roberti, finalmente riconosciuto dagli
storici del cinema – oltre i confini della ristretta nicchia di esperti che non
ha mai smesso di studiarne l’opera artistica – come uno dei protagonisti della
settima arte in Italia e in Europa.
A sancire questo riconoscimento, a 65 anni
dalla scomparsa del regista irpino (al secolo Vincenzo Leone, nato a Torella
dei Lombardi, dove si spense nel 1959 ed è sepolto insieme alla moglie,
l’attrice Edvige Valcarenghi, in arte Bice Waleran) e
a quaranta dalla pubblicazione dell’unica monografia a lui dedicata (Roberto
Roberti direttore artistico, a firma degli storici del cinema muto Aldo
Bernardini e Vittorio Martinelli, edito dalla Cineteca del Friuli), è stata la
due-giorni di studi, dal titolo “La cavalcata dei sogni” (da uno dei suoi film
più noti), che si è svolta il 19 e 20 giugno a Torino e Grugliasco, su
iniziativa dell’Università, del Museo Nazionale del Cinema, del Centro
Sperimentale di Cinematografia di Roma, del Comune e del Parco Culturale “Le
Serre” di Grugliasco, a cura di Silvio Alovisio
(Università di Torino) e Caterina Taricano, critica
cinematografica e curatrice dell’evento, con la collaborazione di Steve Della
Casa, critico tra i più noti e quotati e neo direttore della Cineteca
Nazionale.
Aperta la sera del 19, al Cinema Massimo,
dalla proiezione di due film di Roberti (L’ultima vittima, del 1913, nel
quale è anche attore, e Voglio a ‘tte, del
1922, con protagonista Francesca Bertini), sonorizzati dal vivo rispettivamente
dal gruppo Arto Fantasma e da Francesca Badalini in una sala gremita di
cinefili e studenti, il convegno è proseguito a Grugliasco con le
relazioni di alcuni dei maggiori studiosi di cinema in Italia e l’intervento di
Arianna Turci e Bruno Mestdagh della Cinematheque Royale di Bruxelles,
che ha curato il restauro del film L’assassina di Pont Saint Martin.
È stata in assoluto la prima giornata di
studi su Roberti, figura versatile e affascinante, tuttora da approfondire per
ricostruirne in maniera completa il ruolo di prim’ordine che ha svolto nella
cinematografia nazionale ed europea e, più in generale, nella cultura italiana
del primo Novecento, come risalta dai contributi degli storici del cinema e dei
dirigenti delle cineteche intervenuti al convegno.
Giovane attore di teatro (mentre era ancora
studente di Giurisprudenza) nella vivacissima Napoli della Belle Epoque di Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao e Roberto
Bracco, poi attore di cinema a Torino, quindi regista tra i più importanti del
cinema muto (e il preferito da Francesca Bertini, la più grande diva del muto),
dirigente dell’associazione dei registi, infine – dopo dieci anni di oblìo, a causa dell’ostracismo nei suoi confronti da parte
del Fascismo – regista di 3 film sonori: Il socio invisibile (1939), La
bocca sulla strada (1941), Il folle di Marechiaro (1951), il suo
ultimo film, la cui lavorazione era iniziata nel 1942 (il titolo originale era I
fuochi di San Martino), e nel quale fece esordire come attore, in una breve
sequenza, il figlio Sergio Leone, non ancora ventenne.
Finora inedita, la sequenza è stata vista per
la prima volta a Grugliasco grazie alla rivista “CinemaSud”,
che ha ritrovato alcuni anni fa, dopo lunghe ricerche, un frammento breve ma
considerato dagli esperti di estrema importanza, in attesa del restauro della
copia parziale di Il folle di Marechiaro, custodito negli archivi della
Cineteca Nazionale.
L’intero frammento, poco più di dieci minuti,
sarà presentato in autunno da “CinemaSud” e
dall’Archivio di Cultura Contemporanea ArCCo a
Torino, Roma, Napoli e in Irpinia (un discorso in tal senso è stato avviato con
il Festival internazionale del film “Laceno d’Oro” di Avellino), insieme al
volume contenente gli atti del convegno di Grugliasco, curato da Silvio Alovisio, che nell’ampio e interessante inserto fotografico
ospiterà anche alcuni dei manifesti e documenti che nell’edizione 2018 del
“Laceno d’Oro” diedero vita alla mostra “Leone Factory”,
a cura di “CinemaSud”, ospitata al Cinema Eliseo e
poi al Circolo della Stampa di Avellino.
Una tappa importante del revival su Roberto
Roberti sarà la Costiera Amalfitana, dove il regista irpino girò negli anni
Venti (fra Amalfi, Atrani, la Villa Cimbrone a Ravello e altri luoghi
suggestivi) uno dei suoi film più importanti, tuttora avvolto in un’aura di
misterioso fascino, come hanno dimostrato in anni recenti gli studi e le
iniziative del regista Michele Schiavino e successivamente le ricerche dello
storico del cinema Nino Genovese e del critico e documentarista Pierfrancesco
Cantarella: il film La fanciulla di Amalfi, protagonista Francesca
Bertini, che per l’intervento della censura – che lo giudicava troppo
realistico – assunse una “coloritura” made in Spagna con il titolo Consuelita e infine Voglio a ‘tte,
dal titolo di una delle più popolari canzoni napoletane di inizio Novecento.
La persecuzione da parte della censura
fascista, che colpì in maniera particolarmente pesante e continua i registi e
gli autori napoletani di cinema e teatro (come la prima regista del cinema
italiano, Elvira Notari, lo scrittore Roberto Bracco e persino il popolarissimo
regista-attore teatrale Raffaele Viviani), resta una delle pagine più oscure
sulla carriera di Roberti, strettamente connessa a quell’ostracismo -
decretato, a quanto sembra, da Mussolini in persona, come ricordano in alcune
interviste il figlio Sergio e, di recente, la nipote Raffaella, produttrice
cinematografica di rilievo internazionale, da poco nominata Cavaliere del
Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - che ridusse al
silenzio il regista per dieci anni, dal 1929 al 1939.
Regista di prim’ordine, attore di cinema e
teatro, leader della prima associazione dei cineasti italiani (altro aspetto
affrontato a Torino da chi scrive e da altri studiosi), intellettuale
antifascista coraggioso e coerente, Vincenzo Leone / Roberto Roberti ha tutti i
requisiti artistici e morali per assumere un posto di rilievo nella memoria
storica del cinema italiano.
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(Paolo Speranza storico, saggista e
docente)