TRIBUNA

 

DA META 10 MILIONI ALLA GEDI PER ARTICOLI PUBBLICATI 

di Stefano Avanzi

 

ROMA (Professione Reporter) - Meta dovrà versare circa 10 milioni di euro al gruppo editoriale Gedi per l’utilizzo su Facebook, nel corso del 2022, di articoli pubblicati da testate come la Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX. Lo ha stabilito il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella seduta di giovedì 10 luglio 2025, secondo quanto riferito da ItaliaOggi. Si tratta della seconda decisione presa dall’Agcom in applicazione dell’articolo 43-bis della legge sul diritto d’autore, che disciplina l’equo compenso per l’uso online di contenuti giornalistici da parte delle piattaforme digitali.

 

La prima deliberazione risale al luglio 2024 e aveva coinvolto Microsoft, condannata a pagare 730 mila euro per l’impiego dei contenuti di Gedi sul motore di ricerca Bing nel biennio 2021-2022. L’ammontare stabilito per Meta risulta molto più elevato a causa del traffico significativamente maggiore generato dal social network e dalla conseguente diffusione di articoli delle testate editoriali.

 

Il regolamento n. 3/23/CONS dell’Agcom prevede che l’equo compenso venga calcolato sulla base della differenza tra i ricavi pubblicitari ottenuti dalla piattaforma grazie alla circolazione delle pubblicazioni giornalistiche e i ricavi di ritorno che l’editore realizza tramite il traffico indirizzato verso i propri siti. Nella determinazione dell’importo si considera anche il numero di utenti che hanno visualizzato i contenuti sulle piattaforme, il peso editoriale in termini di audience online, il numero di giornalisti impiegati, nonché i costi tecnologici e infrastrutturali sostenuti sia dall’editore sia dalla piattaforma, oltre alla storicità delle pubblicazioni.

 

Meta ha la possibilità di presentare ricorso al Tar. La decisione dell’Agcom è arrivata in concomitanza con la pubblicazione del parere dell’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, relativo proprio al contenzioso tra Meta e l’Autorità italiana. Secondo il documento, sebbene non vincolante, la normativa italiana sull’equo compenso non risulta in contrasto con la Direttiva europea sul diritto d’autore, posizione che, se confermata dalla Corte, rafforzerebbe l’impianto regolatorio nazionale.

***